Sibilla Cumo è nata a Pizzo Calabro nel 1926. Di lei sappiamo che a sedici anni, mentre frequentava il liceo classico a Vibo Valentia, impazzì d’amore per il cugino Rocco, pescatore. Gli si diede senza riserve. Scoperto d’essere incinta, Sibilla si confessò con la madre. Poco dopo morì annegata. La gravidanza era evidente. Corse voce che i parenti l’avessero fatta uccidere per la vergogna. Loro dissero che s’era ammazzata da sola. Ma era tempo di guerra, gli americani mitragliavano tutti i giorni e la gente aveva ben altro a cui pensare; non ci si fece troppe domande sul povero corpo trovato alla battima dei Prangi. Decenni dopo una mia lontana parente, Anna, pronipote di Franca, sorella minore di Sibilla, trovò appiccicato al fondo di un cassetto di un comò, risposto nel sottoscala della casa alle Quattro Fontane, un quadernetto con la copertina nera. Erano composizioni poetiche di Sibilla, brevi canti d’amore. Pur non conoscendomi di persona, Anna mi fece pervenire il quaderno.  Io ho solo trascritto e aggiunto gli accenti alle sdrùcciole. Per titolo ho usato le prime parole dello scritto di Sibilla.

Nazzareno Luigi Todarello