OPERAMONDO
Dans vos viviers, dans vos étangs,
UN MONDO DI LIBRI UN LIBRO DEL MONDO
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Lo sai: debbo riperderti e non posso
Portami il girasole ch'io lo trapianti
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Caro piccolo insetto
che chiamavano mosca non so perché,
stasera quasi al buio
mentre leggevo il Deuteroisaia
sei ricomparsa accanto a me,
ma non avevi occhiali,
non potevi vedermi
né potevo io senza quel luccichìo
riconoscere te nella foschia.
Satura 1971
Xenia I
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TEMPI DI BELLOSGUARDO
Oh come là nella corusca
distesa che s'inarca verso i colli,
il brusìo della sera s'assottiglia
e gli alberi discorrono col trito
mormorio della rena; come limpida
s'inalvea là in decoro
di colonne e di salci ai lati e grandi salti
di lupi nei giardini, tra le vasche ricolme
che traboccano,
questa vita di tutti non più posseduta
del nostro respiro;
e come si ricrea una luce di zàffiro
per gli uomini
che vivono laggiù: è troppo triste
che tanta pace illumini a spiragli
e tutto ruoti poi con rari guizzi
su l'anse vaporanti, con incroci
di camini, con grida dai giardini
pensili, con sgomenti e lunghe risa
sui tetti ritagliati, tra le quinte
dei frondami ammassati ed una coda
fulgida che trascorra in cielo prima
che il desiderio trovi le parole!
***
Derelitte sul poggio
fronde della magnolia
verdibrune se il vento
porta dai frigidari
dei pianterreni un travolto
concitamento d'accordi
ed ogni foglia che oscilla
o rilampeggia nel folto
in ogni fibra s'imbeve
di quel saluto, e più ancora
derelitte le fronde
dei vivi che si smarriscono
nel prisma del minuto,
le membra di febbre votate
al moto che si ripete
in circolo breve: sudore
che pulsa, sudore di morte,
atti minuti specchiati,
sempre gli stessi, rifranti
echi del batter che in alto
sfaccetta il sole e la pioggia,
fugace altalena tra vita
che passa e vita che sta,
quassù non c'è scampo: si muore
sapendo o si sceglie la vita
che muta ed ignora: altra morte.
E scende la cuna tra logge
ed erme: l'accordo commuove
le lapidi che hanno veduto
le immagini grandi, l'onore,
l'amore inflessibile, il giuoco,
la fedeltà che non muta.
E il gesto rimane: misura
il vuoto, ne sonda il confine:
il gesto ignoto che esprime
se stesso e non altro: passione
di sempre in un sangue e un cervello
irripetuti; e fors'entra
nel chiuso e lo forza con l'esile
sua punta di grimaldello.
***
Il rumore degli émbrici distrutti
dalla bufera
nell'aria dilatata che non s'incrina,
l'inclinarsi del pioppo
del Canadà, tricuspide, che vibra
nel giardino a ogni strappo -
e il segno di una vita che assecondi
il marmo a ogni scalino come l'edera
diffida dello slancio solitario
dei ponti che discopro da quest'altura;
d'una clessidra che non sabbia ma opere
misuri e volti umani, piante umane;
d'acque composte sotto padiglioni
e non più irose a ritentar fondali
di pomice, è sparito? Un suono lungo
dànno le terrecotte, i pali appena
difendono le ellissi dei convolvoli,
e le locuste arrancano piovute
sui libri dalle pergole; dura opera,
tessitrici celesti, ch'è interrotta sul telaio degli uomini. E domani...
LE OCCASIONI, 1939 OPERAMONDOlibri LATORRE EDITORE
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Lo sai: debbo riperderti e non posso.
Come un tiro aggiustato mi sommuove
ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l'oscura primavera
di Sottoripa.
Paese di ferrame e alberature
a selva nella polvere del vespro.
Un ronzìo lungo viene dall'aperto,
strazia com'unghia ai vetri. Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch'ebbi in grazia
da te. E l'inferno è certo. OPERAMONDOlibri LATORRE EDITORE
MOTTETTI, 1939
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Portami il girasole ch'io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l'ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza; portami il girasole impazzito di luce.
OSSI DI SEPPIA, 1925
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