OPERAMONDOlibri LATORRE EDITORE
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La scena era piuttosto allucinante. Van
Teller, per quanto rapito in quella specie di trance, poté
dirmi: ‘Guardi, guardi dalla finestra’. Guardai dalla finestra.
E capii ciò che il vecchio orologiaio aveva prima cercato di
spiegarmi. Sì, Hieronymus Bosch non aveva inventato nulla, aveva
dipinto tale e quale lo spettacolo offerto quotidianamente ai
suoi occhi.
Di lassù non potevo scorgere che la casa di
fronte e una fetta di quelle adiacenti. Ma, per l’incantesimo di
quella notte, esse apparivano come scoperchiate e nell’interno
si distingueva la gente che mangiava, dormiva, litigava,
lavorava, faceva l’amore, odiava, invidiava, sperava,
desiderava, come tutti noi. Erano uomini e donne e bambini, tali
e quali il nostro consueto prossimo quotidiano, ma frammisti a
loro, con supremazia di maggioranza, si agitavano brulicando
innumerevoli cose viventi simili a celenterati, a ostriche, a
ranocchie, a pesci ansiosi, a gechi iracondi, simili ai
cosiddetti mostri di Hieronymus Bosch; e che non erano altro che
creature umane, la vera essenza dell’umanità che ci circonda.
Latravano, vomitavano, addentavano, sbavavano, infilzavano,
dilaniavano, succhiavano, sbranavano. Così come noi ci sbraniamo
giorno e notte, a vicenda, magari senza saperlo.
Poi di colpo la rivelazione cessò. Non vidi
più che la casa di fronte, chiusa e immota, le case adiacenti,
pure esse spente e addormentate. Tutto era tornato all’apparenza
banale e tranquillizzante della realtà quotidiana, a cui siamo
abituati. Mi voltai. Il vecchio orologiaio, ansimante, si era
abbandonato su un divano. Sembrava esausto.
Il silenzio della notte, l’immobilità delle
cose. Tutto come quando ero entrato: tranne quella schifosa
forma metà salamandra e metà uccello dipinta sulla tavola, che
quando io ero entrato non c’era.
Sul divano il vecchio era triste: ‘Non
arriverò mai a finirlo, questo quadro. Sono stanco. Sono
vecchio. E lui viene sempre più di raro…’.
Guardai attentamente il dipinto. Era eseguito
con la perfezione dell’antico maestro, si notavano perfino le
screpolature del colore che soltanto i secoli sanno dare.
‘Nessuno l’ha visto?’, chiesi. ‘Nessuno’. ‘E dopo’. ‘Dopo la mia
morte, lei intende dire? No, signore, nessuno mai lo vedrà. Io
sono un matto, un povero matto. Questo dipinto è il mio segreto.
Ho dato disposizioni. Con me scomparirà’.
HIERONYMUS BOSCH: IL MAESTRO DEL GIUDIZIO
UNIVERSALE
Classici dell'arte, Rizzoli, 1966