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OPERA |
Don Giovanni (Il dissoluto punito, o sia Il Don Giovanni)
libretto di Lorenzo Da Ponte Dramma giocoso in due atti KV 527
Prima: Praga, Nationaltheater, 29 ottobre 1787
Personaggi
Don Giovanni, giovane cavaliere estremamente licenzioso (B)
Donna Anna, dama (S)
Don Ottavio, suo promesso sposo (T)
il Commendatore, padre di Donna Anna (B)
Donna Elvira, dama di Burgos, abbandonata da Don Giovanni (S)
Leporello, servo di Don Giovanni (B)
Masetto, contadino (B)
Zerlina, sua promessa sposa (S)
contadini e contadine
La sequenza iniziale
di questa opera formidabile è davvero travolgente. La sinfonia d'apertura ci
porta in una dimensione notturna, scura come un'anima nera, o come un sogno
funesto. All'apertura di sipario vediamo un servo, Leporello, che si lamenta del
suo padrone e alla fine del primo quadro sentiamo Don Ottavio giurare vendetta.
In mezzo una colluttazione tra uno stupratore aristocratico, Don Giovanni, e la
sua vittima, Donna Anna; un duello con l'uccisione di un vecchio padre, il
Commendatore; uno svenimento; una dichiarazione di fedeltà imperitura e qualche
scambio rapido di battute tra servo e padrone, comiche ma non tanto, che
disegnano in modo inequivocabile una coppia teatrale tra le meglio riuscite,
anche se non certo inedita. La musica racconta la complessità e la rapidità
degli eventi e i sentimenti contraddittori messi in campo, con una verità
drammatica densissima. Realtà psicologiche contrastanti e fluenti, in rapido
movimento, vengono rappresentate dalla musica: odio, ira, vergogna, paura,
sfrontatezza. Una cosa mai sentita prima. Il pubblico resta soggiogato.
Che cosa ci dice
questo primo quadro? Tante cose. Il lamento iniziale del servo non è dei soliti.
Siamo a pochi anni dalla rivoluzione francese. Leporello non si limita al
piagnisteo di Arlecchino, ma vuole, vorrebbe, "fare il gentiluomo", prendere il
posto del suo padrone. Questo tanto per cominciare. Poi, con un trascinante
scarto di tono, una scena drammatica che ci fa vedere l'epilogo di una violenza.
Non ci viene raccontata la violenza in sé, ma il seguito, il momento finale.
Donna Anna è stata violentata? E' stata sedotta con l'inganno, visto che poi
dirà a Don Ottavio di aver scambiato quell'uomo per lui? Ha fermato il suo
aggressore-violentatore-seduttore (?) prima dell'atto, durante, o dopo l'atto?
Naturalmente questo non lo sappiamo, perché non c'è un prima e un dopo dei
personaggi. I personaggi, sempre, esistono solo nel tempo della
rappresentazione. Ma proprio questo è il bello. Immaginare ciò che non è ma che
ci viene suggerito da quello che vediamo e sentiamo. Teatro vuol dire appunto
farci assistere alla fase finale di una scena che non c'è stata. In quello
spazio vuoto che è il prima dell'urlo di Donna Anna, "Non sperar, se non
m'uccidi, / ch'io ti lasci fuggir mai", la fantasia degli spettatori, e quella
dei registi, fa quello che vuole. La musica di questo inizio, ma il seguito
regge il confronto, è una autentica "cascata di note". Un flusso sonoro
cangiante, denso, sempre appropriato alle cose che vengono dette e fatte, ci
mette dentro gi avvenimenti, li attualizza, ce li fa vedere in presa diretta.
Cesare Garboli ha
scritto a proposito di Don Giovanni che egli possiede in sommo grado le qualità
adatte a conquistare una donna e in nessuna misura quelle, che sono diverse,
necessarie a mantenere il possesso di una donna. Don Ottavio, che appare
verso la fine del primo quadro a confortare Donna Anna, a prometterle protezione
e affetto, possiede in sommo grado le qualità adatte a mantenere il possesso di
una donna, ma non è in grado di conquistarla. Don Ottavio è il negativo scialbo
di Don Giovanni. "La figura più femminile di tutta l'opera" come ha sritto
Giovanni Macchia. Vive di luce tiepida. E' tutto promesse mantenute e fedeltà.
Un disastro, teatralmente parlando, nel senso che un cantante deve fare ben
fatica e deve essere ben aiutato dal regista per non scomparire in quella parte.
Poi arriva Donna
Elvira. Compare verso l'alba, l'ora degli incubi. Don Giovanni dapprima ne sente
il profumo, ma non indovina di chi sia. Poi se la trova davanti, furiosa come
una Erinni per essere stata abbandonata dopo tre giorni d'amore, ma anche
disposta a perdonare tutto e a riaccogliere il suo seduttore tra le braccia.
Donna Elvira è l'ennesima incarnazione della donna che insegue il seduttore per
riavere il proprio onore, una versione implacabile, che non si arrenderà fino in
fondo. Il personaggio di Don Giovanni viene da lontano. Non ci sono soltanto i
precedenti di Molière e di Tirso de Molina, ci sono racconti edificanti di
origine medievale. Ma prima ancora Don Giovanni è la trasformazione iperbolica
di un eccesso impossibile, di un desiderio ancestrale del maschio: il possesso
dell'harem senza fine, il vagheggiamento onirico di se stesso come seminatore
universale. Delirio di onnipotenza destinato a corrompersi e a decadere in fatti
di cronaca. Nello stesso modo Donna Elvira racchiude nella propria furia di donna
innamorata e delusa la rabbia muta di quella figura un tempo abituale: la
sedotta e abbandonata. In una società in cui il bene più prezioso di una donna
era la sua verginità, portata al marito come la cospicua tra le doti, perderla
fuori dal matrimonio era una disgrazia senza pari, per la donna colpevole e per
la sua famiglia. Donna Elvira, nel recitativo secco della scena quinta del primo atto, ci racconta la tecnica seduttiva di Don Giovanni.
DONNA ELVIRA In casa mia / entri furtivamente. A forza d'arte / di giuramenti e di lusinghe, arrivi / a sedurre il cor mio: / m'innamori, o crudele, / mi dichiari tua sposa. E poi, mancando / della terra e del cielo al santo dritto, / con enorme delitto / dopo tre dì da Burgos t'allontani, / m'abbandoni, mi fuggi, e lasci in preda / al rimorso ed al pianto, / per pena forse che t'amai cotanto.
Questa battuta è importante per capire chi è il Don Giovanni di Mozart-Da Ponte. Qui abbiamo una testimonianza diretta, confermata tra poco da Leporello, il cronista ufficiale delle imprese dongiovannesche. Più avanti assisteremo noi stessi ad una conquista, quella di Zerlina, e troveremo conferma alle parole di Donna Elvira. Dunque Don Giovanni usa un atto di forza per presentarsi davanti alla sua vittima, si direbbe per impedirle di trovare il tempo di reagire, ma il seguito è affidato alla parole, alle lusinghe, alle promesse. Don Giovanni quindi non è un violentatore nel senso stretto del termine, ma un conquistatore. Il suo desiderio continuo sta nel sapore di quell'attimo in cui la donna gli dice sì, gli si apre, lo ammette alla sua intimità. Tutto fa pensare che i due autori intendessero che anche con Donna Anna le cose sono andate così. Certo che con quel fidanzato così poco dotato di sex appeal... Né si possono prendere per oro colato le parole della giovane a Don Ottavio, che, si noti, è un fidanzato eterno, non soddisferà mai il suo desiderio, visto che nel secondo atto la sua ennesima proposta di matrimonio viene rifiutata da Donna Anna. Mozart e Da Ponte erano una coppia di autori maliziosi e si divertivano a suggerire malignità sul conto dei propri personaggi. Don Giovanni fa continuamente all'amore, Don Ottavio mai. E Donna Anna non la racconta giusta...
Tutta l'opera è piena
di scene risolte in una drammaturgia musicale perfetta. Quella della festa nel
palazzo di Don Giovanni, per esempio, dove la stranezza della presenza in quella
sala di contadini, non avvezzi certo a quel lusso e a quella luce, viene
espressa dalla musica con la sovrapposizione di un minuetto e di una
contraddanza in un memorabile esempio di virtuosismo compositivo. Ma tra tutte
spicca la scena finale, dove lo straordinario evento dell'arrivo della statua
che parla e cammina viene raccontato con "la prima serie della storia della
musica", come ha detto Roman Vlad. Il convitato di pietra canta una melodia
strana, composta da tutte le note della scala cromatica.
Don Giovanni accetta
di seguire la statua del Commendatore. Non ha paura di niente. In una scena
precedente ha cantato Viva la libertà. Poco fa Vivan le donne, viva il buon
vino. Ora accetta il suo destino di uomo libero fino in fondo e scompare tra le
fiamme dell'inferno. E tutti si dichiarano soddisfatti della giusta punizione.
Ma la morale cantata alla fine dalle vittime di Don Giovanni, che lo hanno
inseguito per tutta l'opera, non ci può ingannare. Il senso del Don Giovanni
è in quel grido: Viva la libertà. Grido che da qualche anno risuona per tutta
l'Europa, infiammata dalla rivoluzione francese.
La trama
Atto primo
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