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DANTE

 

I PERSONAGGI DELLA COMMEDIA

 

 

 


Cerco qualche volta di immaginare

la felicità, mia e dei morti, e mi sembra

che sia la vita.

 

Giovanni Raboni

Ogni terzo pensiero, 1994

 

I PERSONAGGI DELLA COMMEDIA

È la morte che definisce il senso della vita. Questo è vero sempre. Quando una vita si conclude, solo allora, sigillata l’esperienza e consegnata all’immutabile, è tempo di conteggi, tempo di guardare in un colpo l’insieme, di mettere su due colonne i più e i meno… sempre che lo si voglia fare. Noi siamo circondati, davanti e di dietro, dai morti ma, inebriati dalla festa, non vogliamo saperlo. Al tempo di Dante lo sapevano. Dante lo sapeva, vivendo, come tutti i suoi contemporanei, in città “di vivi e di morti”[1]. Questo fa la differenza. Se poi la fede nell’aldilà non si riduce al “vola in alto, palloncino”, ma è una virile certezza, ecco che i morti diventano la schiera dei “maggiori[2]”. Essi sono, assai diversamente da noi e assai più di noi, “vivi”[3], perché sono nell’eterno compimento. Lì, fermi nel tempo che non scorre, sono la realizzazione definitiva dell’opera di costruzione di se stessi. Perché la vita è proprio questo, e lo capisci davvero solo se sei morto. Quindi, dice Dante, è là che bisogna guardare per capire[4]. Il senso alla vita lo dà la morte. La vita è “esilio”. L’anima, creata per l’eterno, anela al ritorno. Le anime che incontra Dante nel suo lucente delirio sono tornate. La maggior parte di esse[5] all’oltrepassare si sono rese conto, ma è troppo tardi, di non aver capito[6]. Quelle che hanno capito in tempo sono o saranno beate, in pieno contatto con il tutto che è Dio, dal quale saranno riassorbite come pensieri di cui non si è scordato.

La Commedia è un grande teatro dei morti. Un teatro spirituale. Nei due sensi: teatro di spiriti, di anime morte, e teatro in cui ciò che conta è lo spirito, ciò che non può essere visto solo con gli occhi. C’è un solo “ancora vivo”, lo spettatore al quale il teatro dei morti è destinato. Lui è vivo come l’umanità che rappresenta. Lui è l’umanità. Lui è nell’occhio rotante del ciclone simbolico. A lui appaiono gli eterni, quelli di cui parla Emanuele Severino[7]. Per lui s’accendono per un attimo le luci e, passato lui, si spengono. O, meglio ancora, nel suo cono di luce (in quel cono di luce che ognuno di noi è) appaiono le anime, “come per vetri trasparenti e tersi” e fuggono poi per rifugiarsi nell’ombra dell’assoluto imprendibile scomparendo alla vista “come per acqua cupa cosa grave”. Per lui scendono dall’Empireo di luce e si fanno visibili gli spiriti beati. Per lui la cacofonia bestiale dell’Inferno, per lui il gregoriano risonante nelle “grotte” del Purgatorio, per lui la polifonia celeste, che quasi sfugge, “circulando”, all’ascolto. Lui è “il significato”, il centro unico dell’atto del comprendere, l’ancora vivo che irrora del suo significato, del significato che è, le anime che gli appaiono. La verticalità gotica così tocca il suo vertice. La somma polifonia vocale s’accende, tace a volte per non incenerire gli orecchi mortali. La luce brilla sempre più pura. Anch’essa trattiene talvolta i suoi eccessi per non incenerire gli occhi mortali. Più su sempre più su, scalando l’ineffabile, sfidando l’impossibile, finché il lavacro delle “palpebre mie” concede la visione finale, il teatro del tutto in un punto. Infine scende la tenda. E lo spettacolo diventa groppo incandescente di ricordi, che, per essere raccontato, infiamma come mai prima le parole.

Lo scopo di questo libro è ricostruire la mente di Dante. Impossibile? Sì, è impossibile ricostruire nella sua pienezza la mente di Dante. Ma sicuramente non c’è modo migliore per avere un’idea di quella mente superiore che vedere ad uno ad uno i personaggi che l’hanno abitata e che sono passati a brulicare nella Commedia. Certo la mente di Dante era piena di idee, idee che spesso il poeta ci espone tramite la voce di Beatrice, madonna Teologia, e di qualcun altro: Virgilio, Papinio Stazio, Marco Lombardo, Carlo Martello… ma molto più spesso, quasi sempre, come in tutti gli artisti gotici, le idee s’incarnano in caratteri, in personaggi che parlano e agiscono. Molti di essi Dante li incontra nel suo viaggio oltremondano, e sono in prevalenza personaggi che hanno agito nella loro vita generando effetti nella vita del poeta. Con alcuni di quelli che incontra parla, con altri, pochi, interagisce. Ma molti di più sono quelli che nomina soltanto, qualche volta in elenchi apparentemente inerti, come quello degli Spiriti Magni del Limbo o dei Sapienti del Cielo del Sole. E che inerti non sono, perché il neofita della Filosofia Dante Alighieri era con loro in rapporto di amorosa gratitudine[8]. Essi lo avevano elevato dalla condizione di analfabeta della Scienza alla luce della Verità: Tre donne intorno al cor mi son venute, tre incarnazioni della Dottrina. Escono dai libri, quelle donne e quei personaggi. E noi che possiamo capire di cosa voleva dire aprire un libro in quel tempo, in cui ogni libro era stato scritto a mano, in cui la maggior parte della gente viveva senza vederne alcuno? Tempi in cui gli antichi tomi, scrigni di conoscenza sigillata, erano custoditi in luoghi sacri, dove solo mani elette potevano sfogliarli? Possiamo immaginare noi la Filosofia che s’avvicina al nostro letto di degenti condannati a morte e ci accarezza e ci rincuora, così come è successo alla grande anima viva di Severino Boezio, che il nostro poeta venerava? L’attitudine visionaria di Severino, e di san Paolo e san Bonanventura, e dei poetae Virgilio e Lucano e tutti gli altri, in Dante lievita elevandoci alla magnificazione del reale. Gli innumerevoli attori della sua vita, le “persone”, animano la Commedia, e dobbiamo superare, noi moderni apprezzatori della scienza storica, una spessa barriera d’incomprensione per capire che quelle persone erano sì, in buona parte, persone che noi definiamo “storiche”, cioè delle quali abbiamo qualche prova documentaria che siano esistite, messe però a fianco a persone “non storiche”, “mitologiche” “letterarie” “allegoriche” con la stessa dignità ontologica delle altre. Quella linea rossa che noi tracciamo tra questi due tipi per Dante non esisteva. Adamo, Enea, Ulisse erano reali nella sua mente come Francesca da Rimini o Bonifacio VIII[9]. Nel poema che è la trascrizione sulla carta della sua mente, Dante ha messo fianco a fianco le persone provenienti da tre mondi diversi: quello della Storia, quelli della Bibbia, quelli dell’Antichità. Di alcuni di essi ha avuto esperienza diretta, degli altri sa perché di loro ha ascoltato racconti o letto libri. Lo scopo della Commedia è pedagogico. Il poeta si propone come padagogo dell’umanità, e lo fa proponendo il proprio ravvedimento come esemplare. Di conseguenza i personaggi della sua opera valgono tutti, uno per uno, come “exempla”. Sulla carta, dal punto di vista della consistenza, “uno vale uno”, Cianghella vale Adriano V, Glauco Guido da Montefeltro, Amiclate Federico II, la Lupa Bonifacio VIII…

Insomma è il concetto stesso di “personaggio” che dobbiamo maneggiare con larghezza di prospettiva, perché la nostra visione delle cose non ci porti fuori strada. Se vogliamo entrare nella mente di Dante, dobbiamo accettare il suo modo di vedere, in particolare il suo modo di percepire gli esseri come veri. Dante aveva ben chiaro che nella realtà Ugolino della Gherardesca, conte di Donoratico, condannato a morte dai Pisani, era stato una persona reale e aveva ben chiaro che Titone antico, per esempio, o i Seniori che simboleggiano i libri del Vecchio Testamento, sono “finzioni”. Ma sulla pagina svolgono la stessa funzione: dimostrare una verità. Non è vero che i personaggi allegorici o mitici del poema siano meno poetici dei personaggi reali. Siamo noi che sbagliamo a prender più sul serio i personaggi storici, ognuno legato alla concretezza di una vita, di un io[10]. È proprio il moderno culto dell’io che ci porta fuori strada. Se vogliamo capire Dante in tutta la sua bellezza, dobbiamo entrare nella logica del suo poema, come si entra nella logica di un cartone animato o di un film di fantascienza, dove i personaggi, di svariate provenienze, godono della stessa tangibilità. Per Dante era “poetico” percepire l’eterno brusio della verità sotto il rumoroso scorrere delle vite.

Intanto si leggono ancora commenti che elogiano i “personaggi storici” e affermano che la grande poesia dantesca nasce da quel concreto[11]. È un errore di prospettiva dovuta al nostro modo di guardare, di noi devoti integralisti della prosopea dell’io, irriducibile alla bellezza gotica, che amava “ciò che ha senso”, meglio “ciò che contiene spirito”, altro dalla materia che svanisce. Ecco allora che le parti snobbate del poema sono tra le più intense se osservate con quel poco di gotico che è ancora in noi: la statua del Veglio che gocciola lacrime[12], la bella femmina la cui vagina puzza[13]… e anche l’albero della vita che sboccia in fiori purpurei[14] (e quei fiori hanno il colore del sangue di Cristo, perché “sono” il sangue di Cristo che redime), la croce che lumeggia come la Via Lattea[15], l’Aquila Imperiale fatta a mosaico di luci da migliaia di spiriti cantanti[16], la scala luminosa di cui non si vede la cima[17], gli “umbriferi prefazi”, i fiori di luce come pietre preziose incastonate[18]… e poi la doppia iride[19] della Trinità e il Tutto che si squaderna[20] davanti agli occhi “trasumanati”[21]… ma non stavamo parlando di personaggi!? Certo, il fatto è però che la Commedia non è un romanzo dell’Ottocento, il cui sfondo è la storia, e non deve essere letta come tale, dato che lo sfondo di essa è l’eterno.

Niente di meglio, per comprendere che cosa è un personaggio per Dante, che leggere il XIII dell’Inferno. Dante, guidato dal poeta antico Virgilio, suo personale meneur du jeu, entra in un bosco spinoso, sente dei lamenti, ma non vede chi si lamenta. Non capisce ed esita. Metafora dell’uomo che si aggira in un bosco di simboli da decifrare. Come il lecteur di Baudelaire che vaga nella foresta “où de vivants piliers laissent parfois sortir de confuses paroles[22]”, o il sacerdote di Borges che, prigioniero e con le membra spezzate “nel carcere profondo, e di pietra”, decodifica in interpretazione del mondo le macchie del giaguaro che intravede attraverso le sbarre. Virgilio gli dice che deve spezzare un ramo per capire da dove vengono le voci. Dante lo fa e vede con terrore uscire dalla scheggia voce e sangue. Tanto che lascia cadere il rametto spezzato. Il fiato soffiato dal ramo che sfrigola diventa parole. Il cespuglio parla. È l’anima di Pier della Vigna, il protonotaro di Federico II morto suicida, che grida: “Perché mi schiante?”. Ogni poeta sa che le sue parole “sono sangue” (“after a day spent prone, hemorrhaging poems” ha scritto Derek Walcott, il poeta di Saint Lucia, Nobel nel ‘93). Dante, sommo tra i poeti del mondo, l’ha detto per tutti. Solo una mente pervasa di concreto simbolismo poteva immaginare con tanta vividezza scene come quella di Pier della Vigna. Dalla pianta esce la voce. La voce è aria che esce soffiando dal corpo. L’oggetto, aperto, “parla”. Dentro di esso c’è un’anima. La potenza visionaria di Dante ha creato la situazione “perfettamente orribile”, una di quelle situazioni che sono solo dei sogni. Almeno per noi moderni. Quest’orribilità onirica ha origine nella mentalità capace di vedere in ogni cosa un’altra cosa, un senso nascosto, una “incarnazione”. Una pianta spinosa contiene un’anima furiosa. Se io sono capace di vederla, quell’anima, se ho il coraggio di spezzare la materialità dell’oggetto e di farne uscire “la voce”. Dante, il Dante pellegrino protagonista del racconto, resosi conto di avere spezzato non un ramo ma un dito, lo lascia cadere in terra e resta paralizzato dallo sgomento. L’episodio di Pier della Vigna sembra quasi la didascalia di un modo di percepire il mondo. Tutto ciò che appare nasconde qualcos’altro, un segno, un’anima. Gli occhi si limitano alla superficie delle cose. È compito dell’intelletto scoprire la verità contenuta in esse. Sotto il mondo delle apparenze vibra un mondo segreto, quello dei significati, anch’essi corpo, il vero corpo del mondo. Tutto il mondo, apparentemente immobile, vibra di significato. Anche gli esseri umani sono “significato”. E il significato dei significati è Dio. Il mondo vibra di desiderio, perché a Dio vuole tornare. E a Dio tornerà quando sarà ora. Ciechi gli uomini che non lo capiscono. Dante ha compiuto il lungo viaggio della conoscenza e ora sa. Ora che ha visto il mondo, che è dopo questo mondo, e che sarà per sempre, può dire agli altri cristiani qual è la verità, dove cercarla, come vivere in essa. Può dire agli irosi fiorentini che il loro orgoglio è frutto di cecità, a tutti i cristiani che la loro riottosità di fronte al potere dell’impero è frutto di cecità, a tutti gli uomini viventi che la loro lussuria-superbia-avidità è frutto di cecità. Nessuno cerca, nessuno vede, nessuno si rende conto che “l’aiuola che ci fa tanto feroci” (Par. XXII 151) è una ridicola porzione di spazio e una ancor più ridicola porzione di tempo, destinata al nulla eterno. La “realtà” è quella che non muore, quella che solo la mente illuminata può vedere. Insomma tutte le cose che esistono, compresi i personaggi e le loro storie, prefigurano il loro compimento nell’aldilà. Osservare tutto quanto dalla prospettiva della morte, guardando al relativo dall’assoluto, al contingente dal definitivo, questo ci invita a fare il poeta.

Nella Commedia Dante incontra o nomina, direttamente o indirettamente, 771 personaggi. Anche volendo escludere le doppie e triple identificazioni, sono comunque assai più di 700. Nell’elenco qui sotto sono in rosso i personaggi storici contemporanei di Dante (la maggioranza), quelli che Benvenuto da Imola, il grande commentatore trecentesco, chiama “animae modernae”, o appartenenti al Medioevo o alla storia della Chiesa; in blu i personaggi storici dell’antichità; in verde i personaggi biblici; in nero i personaggi della mitologia, gli allegorici e della letteratura antica e medievale.


 

 

 

 

L'universo di Dante - Mito cosmogonico e destino dell'uomo

 

Ordinamento morale dell'Inferno

      Schema dell'Inferno

 

Ordinamento morale del Purgatorio

           Schema del Purgatorio

 

Ordinamento morale del Paradiso

      Schema del Paradiso

 

 


 

 

Abele

Abramo

Acàn

Achille

Achitofel

Acone V di Norvegia

Adamo

Adriano V papa

Agapito papa

Agamennone

Agatone

Aghinolfo Guidi di Romena

Aglauro

Agnello Brunelleschi

Agostino d'Assisi

Alagia dei Fieschi

Alardo di Valéry

Alberigo dei Manfredi

Albero da Siena

Alberto I d’Asburgo

Alberto I della Scala

Alberto V degli Alberti

Alberto da Casalodi

Alcide

Alcmeone

Aldighiera degli Aldighieri

Alessandro degli Alberti

Alessandro di Fere

Alessandro Guidi di Romena

Alessandro Magno

Alessandro Novello di Treviso

Alessio Interminelli

Aletto

Alfonso III d'Aragona

Alì

Alichino

Alighiero di Cacciaguida

Aman

Amata

Amiclate

Anania

Anassagora

Anastasio II papa

Anchise

Andrea de' Mozzi

Anfiarao

Anfione

Angiolello da Carignano

Animali (i Quattro)

Anna suocero di Caifa

Annibale

Anselmuccio della Gherardesca

Antenore

Anteo

Antifonte

Antigone

Antioco IV Epifane

Antonio di Baldinaccio dei Cavicciuoli

Apollo

Aquila Imperiale

Aracne

Arcade

Aretusa

Argia

Argo

Arianna

Ario

Aristotele

Arnaut Daniel

Arpie

Arrigo II di Lusignano

Arrigo VII di Lussemburgo

Arrigo da Cascia

Arrigo degli Arrigucci

Arrigo Mainardi

Arunte

Asdente

Assalonne

Assuero

Atamante

Atropo

Attila

Aurora

Averroè

Avicenna

Azzo VIII d'Este

Bacco

Baldo d’Aguglione

Barbariccia

Bartolomeo dei Folcacchieri l’Abbagliato

Bartolomeo della Scala

Bartolomeo Pignatelli

Bartolomeo Seracini

Beatrice

Beatrice d'Angiò

Beatrice d'Este

Beatrice di Provenza

Beda il Venerabile

Belacqua

Belisario

Bellincion Berti

Bellincione Alighieri

Belo

Benincasa da Laterina

Bernardin di Fosco

Bernardo di Quintavalle

Bertran de Born

Biscia

Bocca degli Abati

Bonagiunta Orbicciani

Bonconte da Montefeltro

Bonifacio VIII

Bonifazio dei Fieschi

Bonturo Dati

Borea

Branca Doria

Brenno

Briareo

Brigata della Gherardesca

Brisone

Brunetto Latini

Bruto Lucio Giunio

Bruto Marco Giunio

Buondelmonte dei Buondelmonti

Buoso da Duera

Buoso Donati

Buoso Donati il Vecchio

Caccia d'Asciano

Cacciaguida

Caccianemico degli Scialenghi

Caco

Cadmo

Cagnazzo

Caifa

Caino

Caio Fabrizio Luscino

Calcabrina

Calcante

Calliope

Callisto papa

Camicione de' Pazzi

Camilla

Cangrande della Scala

Capaneo

Capocchio

Carlino de' Pazzi

Carlo I d'Angiò

Carlo II d'Angiò

Carlo di Lorena

Carlo di Valois

Carlo Magno

Carlo Martello

Carlo Roberto

Caronte

Casella

Cassio

Castore

Catalano dei Malavolti

Catello di Rosso Gianfigliazzi

Catone Uticense

Cavalcante dei Cavalcanti

Cecilio Stazio

Cefas

Celestino V papa

Cerbero

Cerere

Cesare

Chirone

Ciacco

Ciàmpolo di Navarra

Cianfa Donati

Cianghella

Cicerone

Ciclopi

Cimabue

Cincinnato

Cinira

Ciprigna

Circe

Ciriatto

Ciro

Clemente IV papa

Clemente V papa

Clemenza d'Angiò

Clemenza d'Asburgo

Cleopatra

Cleto (Anacleto) papa

Climene

Clio

Cornelia

Corradino di Svevia

Corrado III di Svevia

Corrado da Palazzo

Corrado Malaspina

Corrado Malaspina il Vecchio

Corso Donati

Costantino

Costanza d'Altavilla

Costanza di Sicilia

Crasso

Creusa

Cristo

Cunizza da Romano

Cupido

Curione

Dama di Malehaut

Daniele

Dante

David

Dedalo

Deianira

Deidamia

Deifile

Delia

Democrito

Demofoonte

Diana

Didone

Diogene di Sinope

Diomede

Dione

Dionigi l'Areopagita

Dionisio I di Siracusa

Dionisio l'Agricola

Dioscoride

Dite

Domiziano

Draghignazzo

Due Vecchi

DUX

Eco

Ecuba

Edoardo I d'Inghilterra

Edoardo II d'Inghilterra

Efialte

Egidio d'Assisi

Elena

Eleonora di Provenza

Elettra

Elia

Elice

Elio Donato

Eliodoro

Eliseo

Eliseo, fratello di Cacciaguida

Empedocle

Enea

Enrico (Arrigo) I di Navarra

Enrico (Arrigo) II d'Inghilterra

Enrico (Arrigo) III d'Inghilterra

Enrico (Arrigo) VI di Svevia

Enrico (Arrigo) il Giovane

Enrico (Arrigo) di Cornovaglia

Enrico di Susa

Eolo

Epicuro

Eraclito

Ercole

Erifile

Erisittone

Eritone (Eritto)

Esaù

Esopo

Ester

Eteocle

Ettore

Euclide

Euneo

Eurialo

Euripide

Euripilo

Europa

Eva

Ezechia

Ezechiele

Ezzelino III da Romano

Fabbro dei Lambertazzi

Farfarello

Farinata degli Uberti

Federico II d'Aragona (Federico III di Sicilia)

Federico I di Svevia

Federico II di Svevia

Federico Novello

Federico Tignoso

Fedra

Felice di Guzmán

Femmina balba

Ferdinando IV di Castiglia

Fetonte

Filippo Argenti

Filippo III l'Ardito

Filippo IV il Bello

Fillide

Filomela

Flegias

Focaccia

Folchetto di Marsiglia

Folo

Forese

Fortuna

Fotino di Sirmio

Fotino di Tessalonica

Fra Dolcino

Francesca da Rimini

Francesco d'Accorso

Francesco de' Cavalcanti

Francesco Graziano

Frate Gomita

Fulcieri da Calboli

Gabriele Arcangelo

Gaddo della Gherardesca

Gaia da Camino

Galasso da Montefeltro

Galeno

Galeotto

Geri del Bello

Gerione

Ghino di Tacco

Ghisolabella

Giacobbe

Gianciotto Malatesta

Gianni Schicchi

Giano

Giasone (mitologia greca)

Ginevra

Giove

Giovenale

Giraut de Bornelh

Giuba

Giulia

Giuseppe

Giustiniano

Graffiacane

Griffolino d'Arezzo

Gualdrada Berti

Gualdrada Donati

Guglielmo Borsiere

Guido Bonatti

Guido Cavalcanti

Guido da Montefeltro

Guido del Cassero

Guido di Montfort

Guido Guerra

Guido Guinizelli

Iacopo da Sant'Andrea

Iacopo Rusticucci

Icaro

Iefte

Illuminato da Rieti

Ino

Ippocrate

Ippolito

Israele

Lancillotto

Lano da Siena

Latino

Latona

Lavinia

Leone

Lia

Libicocco

Lino

Loderingo degli Andalò

 Lonza

Lotto degli Agli

Lucano

Lucifero

Lucrezia

Lupa

Maestro Adamo

Malacoda

Maometto

Marco Lombardo

Mardocheo

Margherita di Borgogna

Margherita di Provenza

Maria di Brabante

Maria di Eleazaro

Maria Vergine

Martin Bottaio

Marzia

Matelda

Medusa

Megera

Mercurio

Messo celeste

Michele Arcangelo

Michele Scotto (Scoto)

Michele Zanche

Micol

Mida

Mino de' Mini

Minosse

Minotauro

Mirra

Moglie di Bellincion Berti

 Moglie di Putifarre

Mosca dei Lamberti

Mosè

Napoleone degli Alberti

Nembrot

Nesso

Niccolò III papa

Niccolò da Prato

Niccolò dei Salimbeni

Nino della Gherardesca

Nino re

Niobe

Niso

Noè

Obizzo (Opizzo) II d'Este

Odarrigo dei Fifanti

Omero

Orazio

Orfeo

Ottaviano Augusto

Ottaviano degli Ubaldini

Ovidio

Pallante

Paolo Malatesta

Papinio Stazio

Paride

Pasife

Pentesilea

Perillo

Piccarda Donati

Piche

Pier da Medicina

Pier della Vigna

Pietro III d'Aragona

Pietro principe d'Aragona

Pirro figlio di Achille

Pirro re d'Epiro

Platone

Pluto

Polinice

Pompeo

Prisciano

Proserpina

Puccio Galigai

Quinzio

Quirino

Rachele

Raffaele Arcangelo

Raimondo Berengario

Rinieri da Corneto

Rinieri (Ranieri) de' Pazzi

Rocco de' Mozzi

Rodolfo I d'Asburgo

Rodopea

Romeo da Villanova

Rubicante

Ruggieri degli Ubaldini

Saladino

San Benedetto da Norcia

San Bernardo di Chiaravalle

San Bonaventura da Bagnoregio

San Francesco d'Assisi

San Giacomo Maggiore

San Giovanni Evangelista

San Paolo

San Pier Damiani

San Pietro

San Tommaso d'Aquino

Sancia di Provenza

Santa Lucia

Santa Zita di Lucca

Sant'Agostino d'Ippona

Sant'Alberto Magno

Sant'Anselmo d'Aosta

Satana

Scipione l'Africano

Semele

Semiramide

Seneca

Sesto figlio di Pompeo

Severino Boezio

Sicheo

Silvio

Simon Mago

Sinone

Socrate

Stricca

Taide

Talete

Tarquinio il Superbo

Tegghiaio Aldobrandi

Teseo

Tesifone

Tiberio

Tiresia

Tifeo

Tito

Tizio

Tolomeo astronomo

Tolomeo XIII d'Egitto

Tolomeo di Gerico

Torquato

Tristano

Trivia

Turno

Ubertino Donati

Ugo Capeto

Ugo da San Vittore

Ugolino della Gherardesca

Uguccione della Gherardesca

Ulisse

Vanni Fucci

Veglio di Creta

Veltro

Venedico Caccianemico

Vinea

Virgilio

Vulcano

Zenone di Cizio

Zenone di Elea

 

    

 



 

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