LATORRE EDITORE OPERAMONDOlibri
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Vorrei scrivere una breve
introduzione. Ma cosa dire in breve del poeta che mi ha accompagnato
per tutta la vita? Posso ricordare uno studente universitario,
ventenne, in un bar di Genova, zona Brignole, tormentato da un
idiota che gli gridava: “Oggi i giovani non hanno forza. Io so
perché. Bevono troppo latte. E mangiano brioche. Bevete vino e
mangiate bistecche e la forza vi viene!”. Fuggito dal bar i suoi
occhi caddero sulla copertina di un libro Feltrinelli. Su una
bancarella di libri usati. Erano i Saggi danteschi di Erich Auerbach.
Quello del bar gli aveva fatto venire voglia di qualcosa di
spirituale. Quel libro cambiò la sua vita.
Non è una esagerazione. Riscoprì Dante, che aveva sempre
letto con fatica al liceo. Scoprì un modo nuovo di leggerlo.
Posso
ricordare quello studente quando comprò gli LP della Cetra “Tutta la
Divina Commedia”, spendendo una bella cifra. Una delusione, tranne i
dieci canti registrati da Giorgio Albertazzi, il grande attore
toscano. Li trasferì su audiocassette, quei dieci, e tanto li sentì
che li imparò a memoria...
Non sono un dantista di mestiere. Posso non preoccuparmi della “oggettività scientifica”. Parlo del mio Dante. Parlo del suo essere cibo per la mia mente. Ho, negli anni, imparato a dirlo. Ho cercato la voce di Dante. Ho dato la mia voce a Dante, in letture e in spettacoli. Lo sento come un padre, un fratello, un concittadino, un italiano come me, innamorato e disgustato dell’Italia. Queste pagine, che ora pubblico, le ho scritte per me. Non hanno nessuna pretesa. Sono il mio punto di vista. Per me (ma mi confortano amori di autori ben più grandi di me) Dante è l’incarnazione stessa della poesia. La più grande tra le incarnazioni della poesia. Ho amato e amo Dante. Ho dato ai suoi versi la condizione primaria della poesia: quella della voce. Ho passato notti a cercare il tono, il ritmo, per dirlo. Lo sento come la casa in cui abito. Per fortuna non era un pittore. Il suo software viaggia liberamente nello spazio. Io l’ho fatto girare, il software, l’ho fatto diventare realtà fisica con la mia immeritevole voce amorosa. Mi sento di poter dire, come hanno detto o sentito in tanti prima e diranno e sentiranno in tanti dopo di me, che Dante mi appartiene. Come io appartengo a lui, alla sua lingua, alla nostra lingua. Dante, per sempre, per il mio breve sempre, è mio.
Genova, 2020 N.L.TODARELLO
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