OPERAMONDO
Dans vos viviers, dans vos étangs,
UN MONDO DI LIBRI UN LIBRO DEL MONDO
LATORRE.EDITORE
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Come mi è dolce il tuo sorriso, amore, come dolci le stille dei tuoi occhi! Ieri piangevi, così, senza perché, con la testa appoggiata alla mia spalla. Baciavo le tue lacrime, sorgenti come da fresca fonte, le tue lacrime bagnavano le nostre bocche unite. “Piangi, perché?” ti chiesi. “Ho paura”, rispondesti, “che tu mi lasci, voi non siete che spergiuri, voi altri uomini”.
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La pelle bianca è rossa gli occhi ancora ardenti di
desiderio, i capelli disfatti sul lenzuolo e tutte le tue membra sciolte.
Amore, la nostra gara notturna è finita con la vittoria di entrambi, ti ho
stretta in abbracci instancabili, ora volo più in alto di ogni gioia! E’
possibile che la voglia infinita che ti brucia si consumi soltanto ora per me?
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Gettiamo, amore mio, i vestiti a
terra, e confondiamo, nudi, i nostri corpi. Niente resti tra noi, neanche un
velo, che mi parrebbe un muro
insormontabile. Il tuo petto contro il mio, e le
labbra attaccate… Le altre cose ricopra il lenzuolo pudìco del silenzio.
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Io bramo le tue rughe, amore mio più del fiore succoso delle giovani. I tuoi seni pesanti come frutti desidero, non quelli alti e dritti. Meglio il tuo autunno che la
primavera, meglio il tuo caldo inverno che
l’estate.
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Amore mio, rubiamoli, i baci e le
carezze, e le cose rischiose e amabili
insieme della dea dell'amore. Nascondersi è
bello, sfuggire all'occhio vigile dei
vecchi. Come i letti segreti son più dolci di quelli
conosciuti!
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Fino a quando vorremo celare la
passione e lanciare l'uno all'altra arse
occhiate furtive? Diciamo apertamente che amore ci
possiede. E se qualcuno ardisse pensare di
spezzare i dolcissimi nodi che sciolgono ogni
pena, rimedio per entrambi non sarà che la
spada. Per noi val più morire che vivere
divisi.
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Fin quando vorrete, occhi miei, succhiare il nettare d'amore? Fin quando avrete l'audacia di bere la pura bellezza? Fuggiamo lontano, via, subito! Nella bonaccia offrirò libagioni ad Afrodite. Se anche là sarò in preda all'assillo d'amore, gelide lacrime versate, castigo ben meritato, perché vostra è tutta la colpa del fuoco.
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Con un solo capello strappato alla
tua chioma mi hai legate le mani come ad un
prigioniero. Ho riso dapprincipio, convinto che
potevo spezzare facilmente le catene
d'amore. Ora vedo: non posso liberarmi da
solo, e piango e mi tormento nella morsa
dei ceppi. Io, tre volte infelice, sono appeso
a un capello. Tu sei la mia padrona, mi porti dove
vuoi.
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Stavo per dirti addio, ma son
tornato indietro. Ritiro la parola e ti resto vicino. Temo la lontananza più che la notte
amara del fiume Acheronte. Per me sei come
il giorno, ma il giorno è silenzioso, mentre la
tua parola è canto di sirene. Ad essa resta
appesa ogni dolce speranza che nutro dentro
l'anima.
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Ho visto gli amanti: la bocca succhiava la bocca dell'altro con infinita avidità, mai sazi, ma desiderando di penetrare il più possibile nell'anima l'uno dell'altra. La passione che non dà tregua li portava, univano ancora i loro corpi nella fame del sangue. E' più facile sciogliere l'intreccio dei rami di vite che sciogliere quei corpi amanti dall'abbraccio tenero e stretto. Tre volte felice, mia cara, chi è avvolto in queste catene. Noi bruciamo, invece, lontani.
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Dicono che chi è morso da un cane vede nell'acqua il muso atroce. Amore mi ha morso coi denti rendendo smanioso il mio cuore. Io, la tua immagine che adoro, la vedo nell'acqua del mare, nei fiumi sereni, nel calice che colmi di limpido vino.
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Come la rosa non ha bisogno di
corone, così anche tu, mia divina, puoi
andare libera da ricche vesti, da pietre e
preziosi diademi che la tua pelle liscia e luminosa
sconfigge. No, neanche l'oro ha il fulgore dei
tuoi capelli, liberi al vento. E la grazia dello
zaffìro, che nel suo cuore ha il fuoco
splendente dell'India, cede ai tuoi occhi, se lanciano
sguardi d'amore. Nelle tue labbra di rugiada, nei
tuoi soavi seni armoniosi sta la cintura
d'Afrodite. Tutto mi piace di te, ma soprattutto
gli occhi, in cui sfavilla una dolcissima
speranza.
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Nelle mie mani tengo stretti i tuoi
seni tondi, sulla tua bocca si posa la mia bocca
avida e come un folle divoro il tuo
candido collo, ma non sei mia, ancora non sei mia:
bramo il dolce letto che tu mi rifiuti.
Afrodite non ti possiede che per metà,
l'altra metà la tiene stretta Atena, in mezzo io
mi consumo.
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Se anche andassi lontano più di
quanto m'immagino, Amore con le ali mi porterà da te. Con l'alato pensiero ti seguirò in
Oriente, dove sorge l'aurora che ha il tuo
stesso colore. E se vedrai arrivare un dono dal
profondo del mare, è Afrodite che te lo
manda, accettalo perché tu la sconfiggi col tuo corpo
adorabile.
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E’ dolce l’uva nuova anche
quest’anno, ma chi, nella vendemmia, elogia i
grappoli, dimentica il pregio dei vitigni. Io ho te, braccia di rosa, vendemmio il tuo amore, non pensando agli
affanni. Non aspetto primavera, l’estate è già qui, è carica di dolcezze. Sii giovane per tutto il tempo,
cara, e se le rughe arriveranno, io le saprò sopportare col mio amore.
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Stella del mattino, non fare violenza all'amore. Se Ares, che ha il cuore feroce, non ama i dolci convegni d'amore, tu almeno, che sei a lui vicina, ritarda il tuo passo d'Oriente. Così, nella notte che tarda, potrò soddisfare a piacere il mio desiderio. Ti prego: rallenta il cammino, procedi come fai tra i Cimmeri.
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Un giorno un pastore, vedendo il pianto di Nìobe, stupì che versasse lacrime una roccia. Ma chi è padrona del mio cuore non ha pietà di me, che tutta questa atra notte lunghissima ho pianto un torrente di lacrime. Come roccia è il tuo cuore, eppure lo sai anche tu che la causa del dolore mio e di Nìobe è la stessa: l'amore.
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"Domani ci vedremo". Ma non viene il
domani. Il ritardo si accresce: ormai è
un'abitudine. Questa è dunque la grazia che
accordi al desiderio? Elargisci il piacere ora a questo
ora a quello e rifiuti sdegnosa la mia devozione. "Ti vedrò questa sera". Quando è
sera per te? Quando sarai una vecchia ricoperta
di rughe?
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Se sguàino la spada, tu non devi
temere. Ti giuro, amore mio, non voglio fare
niente alla bella Afrodite, ma mostrare che
Ares, anche il dio della guerra, sa
piegarsi ai voleri della morbida dea. Questa spada mi
guida nel mio desiderio. Mi ci vedo
riflesso, bello perché ti amo. Ma se tu mi
dimentichi mi servirà a morire.
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Questa notte ho sognato che ti
tenevo stretta a me, tra le mie braccia, donna
tutta sorriso. Mi concedevi tutto, lasciavi che la
mano ansiosa ti frugasse. Però Amore mi
ha teso un agguato notturno: ha interrotto
il mio sonno e l'incanto è finito.
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Luna dalle corna dorate, vedi cosa mi succede? Stelle lucenti, che il mare Oceano accoglie nel suo
grembo, vedete, la mia dolce se n’è andata! Mi ha lasciato solo e non riesco a ritrovarla, quella strega. Ma continuerò a cercarla, manderò alla sua caccia i segugi d’argento, i miei cani d’amore.
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Il mio petto sul tuo, il tuo sul
mio, le tue labbra premute sulle mie, ai corpi intrecciati sia testimone la silenziosa lampada sul tavolo.
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Ogni volta che oso consegnarmi alle tue braccia, di notte o di
giorno, so che apro la porta dell’abisso. Gioco la mia vita ai dadi, lo so. Ma non serve saperlo. E’ un
temerario l’amore, e mi trascina, e non
conosce della mia paura neanche l’ombra.
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“Io so, mia cara, amare con passione chi m’ama e anche mordere chi morde. Non irritarmi, sai che t’amo
troppo!”. Così scrivevo. Tu, indifferente all’ira delle Muse, davi ascolto alle parole come alle onde dello Ionio. Ora soffri a tua volta, grida come un cane, piangi, io
riposo sul seno della mia Naiade bella.
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Astro notturno, tu, candida falce, amica delle vigilie festive, fai luce alla mia bella coi tuoi
raggi. Chi ama è degno di farsi vedere anche dagli immortali, dunque
celebra con il tuo chiaro il nostro amore,
come accese Endimione il tuo cuore.
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Rufino |
Quante volte ho sperato, amore mio, di averti nel mio letto e possedere tutta la notte il tuo corpo
dolcissimo. Ora sei qui, tutta nuda, ma il cuore è preso dal sonno, è sfinito.
Sveglia, mio povero cuore, che fai? Quando un’uguale fortuna ti ricapita?
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Se gli occhi sono d’oro, e di
cristallo le guance, se la bocca è come rosa di porpora e se il collo è luminoso, pieni i seni e chiari i piedi
d’argento, non importa se una spina biancheggia tra i capelli, farò finta di niente.
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Niente ha potuto il tempo: la
bellezza della tua prima età non è sfiorita. Le grazie non invecchiano, il
sorriso del tuo sguardo divino brucia ancora e le rose del seno sono intatte.
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Tu che neghi d’amare, è il tuo corpo che, trafitto da mille frecce, grida d’amore. Il passo incerto, il
respiro affannato, gli occhi pesti son tutti segni del desiderio. Tu, Afrodite dalla bella corona, brucia il cuore della dolce ribelle finché dica: brucio, brucio d’amore.
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Son forte e corazzato contro Amore. Ho indossato a difesa la ragione. Non mi sconfiggerà anche se lui è un dio e io un misero mortale… ma se verranno in due, se uniranno le forze Amore e Bacco, io non potrò tutto solo sconfiggerli.
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Gli occhi di Era, di Atena le mani, il seno di Afrodite e le caviglie di Teti. E’ felice chi ti guarda, chi ti ascolta è beato, un semidio chi t’ama e come un dio si sentirà l’uomo che accoglierai nelle tue
braccia.
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Dioscoride |
Impazzisco per le labbra di rosa e le dolci parole che mi struggono, parole vestibolo della bocca. Impazzisco per gli occhi, le pupille che brillano sotto le ciglia folte e sono reti per prendere il cuore. Impazzisco per la coppia dei candidi seni, li desidero, dolci più della corolla di ogni fiore.
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Ti ho stesa sul mio letto, rosa
chiara, e ho vissuto immortale tra i tuoi
fiori. Mi hai stretto forte tra le gambe
lisce per correre la corsa dell’amore. Ah, languore degli occhi, come
foglie che tremano nel vento scintillando, ah, il tuo corpo fremente, fino a
quando esaurimmo le forze e ci fermammo con le membra allentate.
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Platone |
Ecco una mela, prendila, se vuoi, in cambio della tua verginità. Se non vuoi, prendila lo stesso, ma ricorda per quanto poco tempo dura la giovinezza.
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Anonimo |
Perché non sono vento? Quando esci all’aperto, potrei spogliarti il
seno e riempirti del mio soffio. Perché non sono porpora di rosa? Tu mi prenderesti in mano per far
cambio col il tuo seno candido di neve.
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Colpiscimi col fuoco, con la neve,
col fulmine! Gettami nell'abisso delle onde o del
monte! Non teme nulla chi è sfinito
d'amore!
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Asclepiade |
A che scopo, amor mio, vuoi
risparmiare la tua verginità? Non è scendendo tra i morti d’Acheronte che si trova il piacere d’amore. E’ tra i vivi che ci si fa quel dono, nella morte tutti staremo in terra, ossa e
cenere.
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E' dolce nell'estate bere la neve, è
dolce a chi è in mare d'inverno vedere la
Corona che promette bel tempo. Ma è più
dolce ancora quando un solo lenzuolo ricopre i
due amanti che celebrano insieme i riti di
Afrodite.
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Sono stato al mercato e ho comprato tre sgombri piccolini e dieci
muggini, e ventiquattro gamberi contati uno per uno, e poi ho preso anche sei corone di rose. Così, fatta la spesa, non mi resta che
aspettarti.
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Meleagro |
Mentre mi versi il vino, mia
adorata, dimmi il tuo nome a bassa voce,
mescola il liquore e la parola dolcissima con cui ti chiamo. Con i fiori di ieri poi incorona il tuo capo, che sono profumati di memoria. Guarda: piange la rosa
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E’ fiorita la rosa in giardino, è
fiorito il narciso che vuole la pioggia, è
fiorito in montagna anche il giglio. Ma tu,
amore mio, fiorisci, dolce rosa della
persuasione, qui vicino. Voi prati siete sciocchi
a vantarvi: il profumo di lei val più dei vostri
fiori.
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Appese a questa porta, qui, corone
di fiori, e non scuotete troppo in fretta i
vostri petali che una pioggia ha bagnato di
lacrime d’amore. Ma quand’ella aprirà, allora
rovesciate sul suo capo il mio pianto, sui suoi
biondi capelli.
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Primule inghirlandate, narcisi
soavissimi insieme con il mirto e coi gigli
ridenti, legherò con il croco, con le rose
amorose, perché sulla tua fronte che profuma
di fiori una corona adorni la chioma
luminosa.
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Zanzare rumorose che succhiate
insolenti il sangue degli uomini, mostri
notturni alati, ve ne prego, lasciate dormire la mia
bella. Ecco qui le mia membra: saziatevi di
esse. Ah maledette, parlo invano, queste
bestie si godono il tepore del suo morbido
corpo. Andate via, bestiacce, smettetela
alla fine o proverete i colpi delle mani
gelose.
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Vola vola zanzara, messaggero
veloce, sfiora appena l’orecchio di lei che
dorme, dille che non posso dormire e che mi
struggo mentre lei riposa tranquilla, non pensando
che l’amo. Va dunque, vola, insetto armonioso e
parla piano piano al suo orecchio. Non
svegliare, ti prego, chi dorme insieme a lei. Temo la
gelosia. Se tu la porti qui, ti vestirò di
pelle, ti metterò la clava in mano, come
Ercole.
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Ape che succhi i fiori, perché
tocchi la pelle della mia amata, e lasci le corolle
dei prati. Lo so, forse vuoi dirmi che anche
amore punge con l'ago dolceamaro che fa soffrire
l'anima. Ma io ti dico: vai, già conosco a
mie spese quello che tu vuoi dirmi.
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Notte, e mio desiderio insonne del
tuo corpo, lacrimosa tortura di crepuscoli
ambigui! Qualche residuo serbi d'amore e
qualche bacio, lì, nel tuo freddo letto? Ricordi
ancora il caldo del nostro amore e i baci, e stringi
forte al seno la mia ombra che viene nel buio ad
ingannarti? O hai un nuovo amore? Lampada che
dal tavolo hai visto i nostri giochi, che tu
non veda mai altre lotte d'amore! Vigila, nel
silenzio, controlla la ragazza che io ti ho
affidata.
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Mattina, mia nemica, sei giunta
troppo presto al mio letto. M'ero appena scaldato sul corpo di chi amo. Ah, potessi
tornare indietro qualche ora, così almeno sarebbe ancora ieri.
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Mattina, mia nemica, tu corri troppo
lenta ora che un altro gode nel suo letto. Quando tenevo io la bella tra le
braccia subito arrivavi con la tua luce, lieta della mia pena.
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Dormi, dolce mio germoglio profumato
nella notte. Ah, posarmi come il sonno con le ali
sui tuoi occhi, sui capelli, sulla bocca e aspirarti l'anima. Questo amore mio selvaggio, questo
amore che non dorme, se n'è andato via volando dal mio
letto: è un ragazzo che sa correre lucente nella notte tenera. Se n'è andato nella notte per
raggiungerti, adorata, per posare, mentre dormi, sulle
labbra profumate, sui tuoi occhi, sui capelli, dei miei baci i petali.
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Le tre Grazie, triplice corona, il tuo letto circondano, amor mio. Una ha infuso al tuo corpo il
desiderio, la grazia ti ha donato la seconda, la terza la parola che persuade. E' felice tre volte quella donna a cui Afrodite ha ornato il letto, la Persuasione in persona il
discorso e Amore la dolcezza dello sguardo.
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Sulla riva del mare fui acceso,
Afrodite! La ragazza nuotava, tra le tue onde,
nuda. Il suo corpo bagnato versò carboni
ardenti nel mio cuore assetato. Mentre io
naufragavo coi piedi sulla sabbia, la più bella
approdava carezzata dai flutti. Ora tocco il
suo corpo, caldo di desiderio, nel mare del suo
letto.
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Se ami, non mostrare le tue pene
apertamente. Se l'anima si sente abbandonata,
sola, tu ostenta fierezza, tieni alta la
fronte, siano avari i tuoi occhi. Le donne
son così: odiano la superbia, ma si prendono
gioco di chi ispira pena. Metti un poco
d'orgoglio nelle tue pene e sappi trattenere le
suppliche. Solo così sarai un amante perfetto.
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Prendi il plettro e la cetra,
ragazza, e gareggia col suono di Tersicore. Irrompi con
la voce nel regno di Melpomene, musa della
tragedia. Anche Paride, il biondo, darebbe a
te la palma se ci fosse una gara tra te e
Afrodite. Ma su di noi silenzio, che non si
accorga Diòniso e frema per l'invidia della mia
dolce Arianna.
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Anche se non amo il vino, tu puoi ubriacarmi, se vuoi. Bevi per prima, le tue labbra baceranno il liquore, poi passami la coppa che porta il bacio alla mia bocca: grazia per il mio cuore innamorato.
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Questo splendente velo voglio darti,
mia sposa, che è intessuto di ricami dorati.
Posalo sui tuoi capelli, che copra le
spalle e che il seno, il seno candido, ne sia tutto
avvolto e protetto. Lo indosserai finché sarai ragazza,
ma pensa al futuro letto nuziale e al
germogliare dei nostri figli. Così potrò donarti
un velo tutto trapunto di pietre e
un'argentea cintura.
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