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50 POESIE DELL'ANTICA PROVENZA

 

 

Non provo alcuna invidia per il re

  14OPERAMONDOlibri LATORRE-EDITORE

Tanto mi piace la gioia d’amore 16

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Quando ritorna la dolce stagione, 18

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Non deve stupire se io canto. 20

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Come s'avventa il pesce incontro all'amo. 24

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Sciocco! Tutto credevo di sapere 26

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Il tempo va e viene e porta via. 28

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Non sono più padrone di me stesso. 30

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Ja no.m partrai a ma vida. 32

Io non mi staccherò nella mia vita. 32

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Ahi, dolce amore, ora come sempre 34

 

Cantare non è niente se non nasce 36

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Quando maggio di nuovo allunga i giorni, 40

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E' in terra lontana il mio amore, 42

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Quando, come sempre, torna il bello, 44

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Quando i tiepidi giorni s’inaspriscono. 48

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L'amore ci fa grassi, l'amore ci fa magri: 52

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Il cigno canta quando vuol morire, 54

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Se penso a quella stanza in cui nessuno. 56

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Il becco non potrà scalfire il fermo. 58

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Il ramo fiorito. 60

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L'amore che m'invade mi sovverte 62

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Se avessi mille marchi di buon oro, 64

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E' già arrivata la brutta stagione, 68

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Ho perduto chi aveva la mia vita: 70

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Onde del mare che correte, alte, 72

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Per troppo peso l'albero sovraccarico. 74

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"Dio Glorioso, tu che porti la luce, 76

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Adesso godo pensando all’amore 80

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Il piccolo usignolo delle selve 82

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Ora che sono di nuovo in Provenza. 84

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Mi dà molto fastidio, devo dirlo, 90

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-Voi mi amate di cuore, io lo so, 96

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Nel vostro nome, Dio, e in quello di Maria. 98

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Ora che niente v’importa, signora, 104

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Quando con la compagna l’usignolo. 108

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Voglio dirvi perché trabocco amore: 110

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Non provo alcuna invidia per il re

né per il conte, perché sotto la tela

ricamata soddisfo la mia voglia

con la mia donna snella, liscia e piena,

tutta nuda dentro la sua camicia.

 


 

Tant m’es grail’e grass’e plana

sotz la camiza ransana,

quan la vei,

fe que·us dei,

ges no tenc envej’al rei

ni a comte tan ni quant,

c’asatz fauc meils mon talant

quan l’ai despoillada

sotz cortin’obrada.

 

Bernart Marti

 

Dalla canzone Bel m’es lai latz la fontana

 

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Tanto mi piace la gioia d'amore

e i dolci conversari e i lieti canti

che nessuna ricchezza esiste al mondo

che mi potrebbe far più benestante.

 


 

Tant m’abelis joys et amors et chans,

et alegrier, deport e cortezia,

que·l mon non a ricor ni manentia

don mielhs d’aisso·m tengues per benanans.

 

Berenguier de Palazol

 

Dalla canzone Tant m’abelis joys et amors et chans

 

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Quanto ritorna la dolce stagione

quando i boschi fioriscono e gli uccelli

cantano ognuno nella propria lingua,

è allora che ogni uomo vuole avere

quello che più gli piace.

 

Dal luogo in cui dimora ogni mio bene

non mi arriva missiva o messaggero

così che il cuore non dorme, non ride

né io ho il coraggio di guardare avanti,

dove non c’è certezza.

 

Avvinto sta tutta la notte al tronco

il nostro amore, come il biancospino.

Trema nel freddo, il vento lo percuote,

però quando tra il verde filtra il sole

mostra un fiore sul ramo.

Ricordo ancora quel dolce mattino
che a me, esausto dall’ardente guerra,
desti un pegno d’amore.

Per quell’anello che ora il dito serra,
concedi che io riveda quel cuscino
sparso dei tuoi capelli.

 


  

Ab la dolchor del temps novel

foillo li bosc, e li aucel

chanton, chascus en lor lati,

segon le vers del novel chan:

adonc esta ben c'om s'aisi

d'acho dont hom a plus talan.

 

De lai don plus m'es bon e bel

non vei mesager ni sagel,

per que mos cors non dorm ni ri

ni no m'aus traire adenan,

tro qu'eu sacha ben de la fi,

s'el'es aissi com eu deman.

 

La nostr'amor va enaissi

com la brancha de l'albespi,

qu'esta sobre l'arbr'en creman,

la nuoit, ab la ploi'ez al gel,

tro l'endeman, que·l sols s'espan

per la feuilla vert el ramel.

 

Enquer me menbra d'un mati
que nos fezem de guerra fi
e que•m donet un don tan gran:
sa drudari'e son anel.
Enquer me lais Dieus viure tan
qu'aia mas mans soz son mantel!

Guglielmo IX d’Aquitania

 

Dalla canzone Ab la dolchor de temps novel


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Non deve stupire se io canto

meglio d'ogni altro trovatore,

perché più trascinato dall'amore

e più docile sono al suo comando.

Corpo, cuore e l'anima tutta

ho posto in esso con ogni vigore;

così mi porta con le briglie amore

né mi consente mai di deviare.

 

Come morto è chi nel cuore non sente

d'amore una qualche dolcezza: senza

questa euforica tristezza che vale

sopravvivere al tedio di quaggiù.

Signore Iddio, non mi negare che

io sia perennemente innamorato,

innamorato tanto da passare

ogni giorno, ogni mese incatenato.

 

Con fede certa e senza menzogna

io amo la più bella e la migliore.

Ma il cuore geme e piangono i miei occhi

perché io l’amo, ma ne ho solo dolore.

Non posso nulla, l’amore m’imprigiona

e se l’unica chiave per uscire

non è che la pietà, in lei non vedo

che la durezza che mi fa morire.

 

Ma questo amore di cui soffro tanto

mi nutre il cuore come un dolce cibo.

Cento volte ogni giorno ed altre cento

muoio di pena e di gioia rivivo.

Il mio aguzzino ha un così bell’aspetto

che la sua frusta è dolce come il miele

e nessun bene mi sembra di volere

visto che ho un male così caro.

 

Se si potesse, Signore, distinguere

il fine amante da quello bugiardo,

se malelingue e traditori insieme

portassero le corna sulla testa!

L’oro di tutto il mondo non vorrei,

ché lo darei senza pensarci su,

solo che la mia donna conoscesse

come io l’amo con tutto me stesso.

 

E se la vedo, tutti ecco si accorgono

dal mio viso, dagli occhi, dal colore

che tremo di paura come foglia

presa dal vento e sbattuta qua e là.

Non ho più raziocinio di un bambino

quando l'amore mi trascina via.

Ma non cambia la donna nel suo cuore

e, a vedermi così, non sente amore.

 

Donna gentile, null’altro vi chiedo

che di prendere me per servitore:

io sarò vostro, così, e non mi aspetto

alcun compenso dal mio buon signore.

Eccomi, comandate, o creatura

dolce e leale e gioiosa e gentile.

Ne sono certo, non mi ucciderete,

sarò al sicuro nelle vostre mani.

 

Al mio Padrone, là dove dimora,

mando il mio canto e spero che non trovi

troppo noiose queste mie parole.

 


 

Non es meravelha s’eu chan

melhs de nul autre chantador,

que plus me tra·l cors vas amor

e melhs sui faihz a so coman.

Cor e cors e saber e sen

e fors’ e poder i ai mes;

si·m tira vas amor lo fres

que vas autra part no·m aten.

 

Ben es mortz qui d’amor no sen

al cor cal que dousa sabor;

e que val viure ses amor

mas per enoi far a la gen?

Ja Domnedeus no·m azir tan

qu’eu ja pois viva jorn ni mes,

pois que d’enoi serai mespres

ni d’amor non aurai talan.

 

Per bona fe e ses enjan

am la plus bel’e la melhor.

Del cor sospir e dels olhs plor,

car tan l’am eu, per que i ai dan.

Eu que·n posc mais, s’Amors me pren,

e las charcers en que m’a mes,

no pot claus obrir mas merces,

e de merce no·i trop nien.

 

Aquest’ amors me fer tan gen

al cor d’una dousa sabor:

cen vetz mor lo jorn de dolor

e reviu de joi autras cen.

Ben es mos mals de bel semblan,

que mais val mos mals qu’autre bes;

e pois mos mals aitan bos m’es,

bos er lo bes apres l’afan.

 

Ai Deus! car se fosson trian

d’entre·ls faus li fin amador,

e·lh lauzenger e·lh trichador

portesson corns el fron denan!

Tot l’aur del mon e tot l’argen

i volgr’aver dat, s’eu l’agues,

sol que ma domna conogues

aissi com eu l’am finamen.

 

Cant eu la vei, be m’es parven

als olhs, al vis, a la color,

car aissi tremble de paor

com fa la folha contra·l ven.

Non ai de sen per un efan,

aissi sui d’amor entrepres;

e d’ome qu’es aissi conques,

pot domn’aver almorna gran.

 

Bona domna, re no·us deman

mas que·m prendatz per servidor,

qu’e·us servirai com bo senhor,

cossi que del gazardo m’an.

Ve·us m’al vostre comandamen,

francs cors umils, gais e cortes!

Ors ni leos non etz vos ges,

que·m aucizatz, s’a vos me ren.

 

A Mo Cortes, lai on ilh es,

tramet lo vers, e ja no·lh pes

car n’ai estat tan lonjamen. 

 

 Bernart de Ventadorn

 

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Come s'avventa il pesce incontro all'amo

senza paura e addenta e così muore,

senza paura nell'amarla un giorno

io m'avventai. Così la fiamma cuoce

ora più me che il pane dentro il forno.

 


 

Aissi co·l peis qui s’eslaiss’ el cadorn

e no·n sap mot, tro que s’es pres en l’ama,

m’eslaissei eu vas trop amar un jorn,

c’anc no·m gardei, tro fui en mei la flama,

que m’art plus fort, no·m feira focs de forn!

 

Bernart de Ventadorn

 

Dalla canzone Be m’an perdut lai enves Ventadorn


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Sciocco! Tutto credevo di sapere

dell'amore, e invece non so niente.

Non posso infatti impedirmi d'amare

quella che mai il suo amore mi darà.

Ha tutto il mio cuore, ha tutto me stesso,

ma, negandosi a me, il mondo intero

mi ha sottratto in un colpo e mi ha lasciato

con l'anima in frantumi per davvero.

 


 

Ai, las! tan cuidava saber

d'amor, e tan petit en sai!

car eu d'amar no·m posc tener

celeis don ja pro non aurai.

Tout m'a mo cor, e tout m'a me,

e se mezeis’e tot lo mon;

e can se·m tolc, no·m laisset re

mas dezirer e cor volon.

 

Bernart de Ventadorn

 

Dalla canzone Quan vei la lauzeta mover

 

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Il tempo va e viene e porta via

i giorni, i mesi, gli anni. Cosa dire?

Che io sempre uguale mi ritrovo:

l'amore non mi lascia né si muta

l'anima di colei che mi rifiuta.

 


 

Lo tems vai e ven e vire

per jorns, per mes e per ans,

et eu, las! no·n sai que dire,

c'ades es us mos talans.

Ades es us e no·s muda,

c'una·n volh e·n ai volguda,

don anc non aic jauzimen.

 

Bernart de Ventadorn

 

Dalla canzone Lo tems vai e ven e vire


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Non sono più padrone di me stesso

e non sono più mio dal giorno in cui

mi ha permesso di guardarla negli occhi

in quello specchio che molto mi attrae.

Dopo essermi in te riflesso, specchio,

io mi sono perduto, come quando

il bel Narciso si specchiò nell’acqua.

 


 

Anc non agui de me poder

ni no fui meus de l’or’en sai

que·m laisset en sos olhs vezer

en un miralh que mout me plai.

Miralhs, pus me mirei en te,

m’an mort li sospir de preon,

c’aissi·m perdei com perdet se

lo bels Narcisus en la fon.

 

Bernart de Ventadorn

 

Dalla canzone Quan vei la lauzeta mover

 

 

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Io non mi staccherò nella mia vita

dall'amore per lei, perché una volta

che la spiga è sbocciata, lungamente

vedi il grano ondeggiare.

 


 

Ja no·m partrai a ma vida,

tan com sia saus ni sas,

que pois l'arma n'es issida,

balaya lonc tems lo gras.

 

Bernart de Ventadorn

 

Dalla canzone Lo tems vai e ven e vire


 

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Ahi, dolce amore, ora come sempre

agognato da me: corpo ben fatto,

pelle chiara e sottile, profumata

come rosa ora uscita dalle mani

del dio che l'ha creata.

 


 

Ai, bon' amors encobida,

cors be faihz, delgatz e plas

ai, frescha charn colorida,

cui Deus formet ab sas mas.

 

Bernart de Ventadorn

 

Dalla canzone Lo tems vai e ven e vire



 

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Cantare non è niente se non nasce

dal profondo del cuore il tuo canto,

ma il cuore non emette nessun canto

se non conosce amore fino e vero.

Ecco perché il mio canto è così dolce:

con la bocca, con gli occhi, con la mente

sono avvolto di gioia, e con il cuore.

 

Spero che mi conservi sempre Dio

innamorato come sono ora.

Anche se non ne avrò guadagno alcuno,

anche se ne trarrò soltanto pena,

il cuore ne sarà sempre affinato.

Solo in questo consiste la mia gioia:

la nobiltà del cuore è il mio ideale.

 

La gente rozza non apprezza amore,

la gente che non sa. Ma lui, altero,

non svilisce se stesso, se non quando

diventa comunissima attrazione.

Ma questo non è amore, ne conserva

il nome solamente, e la parvenza,

ma si esaurisce tutto nel possesso.

Diciamo il vero, sono certe donne

la causa dell’errore grossolano:

quelle che dell’amore fanno merce.

Ah maledette e vili mercantesse!

Dovrei essere anch’io falso e bugiardo!

Ma non sono capace: a malincuore

dico una verità che mi fa male.

 

Dare piacere e averne desiderio:

questo è l'amore di due veri amanti.

Se non li spinge lo stesso volere

se ne staranno con le mani nude.

Se la biasimi per ciò ch’ella desidera

o se la lodi per ciò ch’ella non vuole,

sei proprio un pazzo, un pazzo nato pazzo.

 

La mia speranza è in lei, in lei riposa.

Quando la vedo in viso, così dolce,

così leale e nobile, così

sincera e fiera, sento che non voglio

altro che rivederla. Quel suo corpo,

di cui anche un re sarebbe soddisfatto,

come grazia magnifica il mio nulla.

 

Quello che lei desidera, desidero.

Quello che lei non vuole, non lo voglio.

Accetto ogni dolore, se a lei piace.

Se i suoi occhi, puri specchi dell’anima,

mi guardano, è un Natale di dolcezze.

Ma succede di rado e nel mio vuoto

scorre ogni giorno lungo come cento.

 

Questa mia poesia fine e sincera

la dedico a chi la sa apprezzare,

a chi è capace di succhiarne gioia.

 

Bernart de Ventadorn la sa apprezzare,

Bernart de Ventadorn ne sa godere.

 


 

Chantars no pot gaire valer,

si d’ins dal cor no mou lo chans;

ni chans no pot dal cor mover,

si no i es fin’ amors coraus.

Per so es mos chantars cabaus

qu’en joi d’amor ai et enten

la boch’e·ls olhs e·l cor e·l sen.

 

Ja Deus no·m don aquel poder

que d’amor no·m prenda talans.

Si ja re no·n sabi’aver,

mas chascun jorn m’en vengues maus,

totz tems n’aurai bo cor sivaus;

e n’ai mout mais de jauzimen,

car n’ai bo cor, e m’i aten.

 

Amor blasmen per no-saber,

fola gens; mas leis no·n es dans,

c’amors no·n pot ges dechazer,

si non es amors comunaus.

Aisso non es amors; aitaus

no·n a mas lo nom e·l parven,

que re non ama si no pren!

 

 S’eu en volgues dire lo ver,

eu sai be de cui mou l’enjans:

d’aquelas c’amon per aver.

E son merchadandas venaus!

Messongers en fos eu e faus!

Vertat en dic vilanamen;

e peza me car eu no·n men.

 

En agradar et en voler

es l’amors de dos fis amans.

Nula res no i pot pro tener,

si·lh voluntatz non es egaus.

E cel es be fols naturaus

que, de so que vol, la repren

e.lh lauza so que no·lh es gen.

 

Mout ai be mes mo bon esper,

cant cela·m mostra bels semblans

qu’eu plus dezir e volh vezer,

Francha, doussa, fin’e leiaus,

en cui lo reis seria saus.

Bel’ e conhd’, ab cors covinen,

m’a faih ric ome de nien

 

Re mais no·n am ni sai temer;

ni ja res no·m seri’afans,

sol midons vengues a plazer;

C’aicel jorns me sembla Nadaus

c’ab sos bels olhs espiritaus

m’esgarda! mas so fai tan len

c’us sols dias me dura cen!

 

Lo vers es fis e naturaus

e bos celui qui be l’enten;

e melher es, qui·l joi aten!

 

Bernartz de Ventadorn l’enten,

e·l di e·l fai, e·l joi n’aten!

 

Bernart de Ventadorn


 

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Quando maggio di nuovo allunga i giorni,

mi piace degli uccelli udire il canto

che lentamente porta alla memoria

l'immagine di te. Allora amore

penetra come spada con la punta

e pianta la sua lama giù nel cuore.

Ora il canto ferisce: senza te

è un inverno per me la primavera.

 


 

Lanqand li jorn son lonc en mai,

m'es bels douz chans d'auzelhs de loing,

e qand me sui partitz de lai

remembra·m d'un amor de loing,

Vauc, de talan enbroncx e clis,

si que chans ni flors d'albespis

no·m platz plus que l'yverns gelatz.

 

Jaufré Rudel

 

Dalla canzone Lanqand li jorn son lonc en mai



 

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E' in terra lontana il mio amore,

per questo forte l'anima mi duole:

non trovo pace e mai la troverò.

Perché non vuole più la mia compagna

ritornare con me nel mio giardino

e nel mio letto?

 


 

Amors de terra lonhdana,

per vos totz lo cors mi dol;

e no·n puesc trobar mezina

si non vau al sieu reclam

ab atraich d'amor doussana

dinz vergier o sotz cortina

ab dezirada companha.

 

Jaufré Rudel

 

Dalla canzone Quan lo rius de la fontana



 

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Quando, come sempre, torna il bello,

l’acqua del ruscello si fa limpida,

la rosa di selva schiude i petali,

l’usignolo modula, tra i rami,

dolcemente il suo canto, lo leviga,

lo innalza, svariando in mille modi.

Questo è il tempo: anch’io voglio cantare.

 

E’ in terra lontana l’amor mio,

e per lei mi duole forte il cuore.

Non c’è rimedio alcuno: non posso

accorrere al suo dolce richiamo,

non posso, adescato dall’amore,

starmene in giardino o tra tendaggi

con la donna del mio desiderio.

 

Non potendola avere vicina,

aumenta dentro il fuoco d’amore,

perché Dio non volle in questo mondo,

cristiana o giudea o saracena,

una donna altrettanto gentile.

Ed è proprio un gran dono del Cielo

ottenere un poco del suo amore.

 

Non mi dà mai tregua il desiderio

della donna che mi sta nel cuore.

Sento che la mia mente, rapita

dalla folle bramosia, che punge

più di una spina, nell’altalena

di gioia e di dolore, vacilla.

Ma non compiangetemi per questo.

Questi miei versi non voglio scriverli

su pergamena: al canto di Ugo

il Bruno li affido, e di Filhol.

Voglio che li ascoltino con gioia

quelli del Berry e di Poitiers,

quelli di Guyenne e di Bretagna,

nella semplice lingua romanza.

 


 

Quan lo rius de la fontana

s'esclarzis, si cum far sol,

e par la flors aiglentina,

e·l rossinholetz el ram

volf e refranh ez aplana

son dous chantar e l'afina,

dreitz es qu'ieu lo mieu refranha.

 

Amors de terra lonhdana,

Per vos totz lo cors mi dol;

e no·n puesc trobar mezina

si non vau al sieu reclam

ab atraich d'amor doussana

dinz vergier o sotz cortina

ab dezirada companha.

 

Pus totz jorns m'en falh aizina,

no·m meravilh s'ieu n'aflam,

quar anc genser crestiana

non fo, ni Dieus non la vol,

juzeva ni sarrazina;

ben es selh pagutz de mana,

qui ren de s'amor guazanha!

 

De dezir mos cors no fina

vas selha res qu'ieu pus am;

e cre que volers m'enguana

si cobezeza la·m tol;

que pus es ponhens qu'espina

la dolors que ab joi sana,

don ja non vuelh qu'om m'en planha.

 

Senes breu de parguamina

tramet lo vers, que chantam

en plana lengua romana,

a·N Hugo Bru per Filhol.

bo·m sap quar gens peitavina

de Berri e de Guiana

s'esgau per lui e Bretanha.      

 

Jaufré Rudel



 

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Quando i tiepidi giorni s'inaspriscono

e cadono le foglie giù dai rami,

quando cambia la voce degli uccelli,

io riprendo a cantare i miei sospiri

per quella donna che incatena me,

senza che io riesca a incatenarla.

 

Ahimè, solo l’affanno ho conquistato

di quest’amore, solo il gran soffrire.

Non c’è nulla che costi tanto sforzo

come raggiungere ciò che si desidera,

e non c’è nulla che crei desiderio

più di ciò che non si può raggiungere.

 

La mia allegria è in una gemma rara,

non ho mai amato niente più di lei.

Quando è vicina m’incanto a tal punto

che non riesco a dirle la mia voglia,

quando è lontana sento che il mio io

non sa più niente, non sa più volere.

 

Nessuna mai è stata più graziosa,

al suo confronto tutto vale zero.

Quando mi appare scuro e triste il mondo,

mi volgo a lei e rivedo la luce.

Dio mi conceda di sfiorarla un poco,

di vederla vicina nel mio letto.

 

Non ho pace nel sonno, non ho pace

da sveglio, sempre fremo, sempre bramo.

Muoio al pensiero di chiederle amore:

non so pregare, non so cosa dire.

La servirò per qualche anno ancora,

allora forse troverò il coraggio.

Non mi sento più vivo, non son morto,

non sento male, eppure sono insano,

non riesco nemmeno a immaginare

se un giorno (come, quando?) sarà mia.

La mia gioia sta in lei, è lei che può

farmi la grazia oppure darmi morte.

 

Mi fa impazzire quando aspetto invano,

però mi piace impazzire aspettando.

Lei mi deride e io ne sono lieto.

Quando mi umilia, sento che m’esalta.

Dopo il male, son certo, verrà il bene,

e in tutta fretta, solo che lei voglia.

 

Se non mi vuole, era meglio morire

il giorno stesso in cui mi mise in ceppi,

il giorno stesso in cui dolce m’uccise

con quei suoi occhi dove appare amore,

con quei suoi occhi che han stregato i miei,

che non sanno vedere nessun’altra.

 

Ma nonostante tutto, sono allegro:

la servirò, la blandirò, sarò

per lei soltanto quello che vorrà:

falso e sincero, ingannevole o amico,

gentile o strafottente, tutto gioia

o gonfio di tristezza. E’ lei che può

fare e disfare di me quel che vuole.

 

E’ Cercamon che finalmente dice:

“Disperare d’amore, esser cortese

sono cose ben difficili, insieme”.

 


 

Quant l'aura doussa s'amarzis

e·l fuelha chai de sus verjan

e l'auzelh chanjan lor latis,

et ieu de chai sospir e chan

d'amor que·m te lassat e pres,

que eu anc non l'aic en poder.

 

Las! qu'ieu d'Amor non ai conquis

mas cant lo trebalh e l'afan,

ni res tant greu no·s covertis

cum so que om vai deziran;

ni tal enveja non fai res

cum so que om non pot aver.

 

Per una joja m'esbaudis

fina, qu'anc re non amiey tan;

quan suy ab lieys si m'esbahis

qu'ieu no·ill sai dire mon talan,

e quan m'en vauc, vejaire m'es

que tot perda·l sen e·l saber.

 

Tota la gensor qu'anc hom vis

encontra lieys no pretz un guan;

quan totz lo segles brunezis,

de lai on ylh es si resplan.

Dieus me respieyt tro qu’ieu l'ades

o qu’ieu la vej' anar jazer.

 

Totz trassalh e bran et fremis

per s'amor, durmen o velhan.

Tal paor ai qu'ieu mesfalhis

no m'aus pessar cum la deman,

mas servir l'ai dos ans o tres,

e pueys ben leu sabra·n lo ver


No muer ni viu ni no guaris,

ni mal no·m sent e si l'ai gran,

quar de s'amor no suy devis,

non sai si ja l'aurai ni quan,

qu'en lieys es tota la merces

que·m pot sorzer o dechazer.

 

Bel m'es quant ilh m'enfolhetis

e·m fai muzar e·n vauc badan;

de leis m'es bel si m'escarnis

o·m gaba dereir'o denan,

c’aprob lo mal me venra bes

ben leu, s'a lieys ven a plazer.

 

S'ella no·m vol, volgra moris

lo dia que·m pres a coman!

ai las! tan suavet m'aucis

quan de s'amor me fetz semblan,

que tornat m'a en tal devesq

que nuill'autra non vuelh vezer.

 

Totz cossiros m'en esjauzis,

car s'ieu la dopti o la blan,

per lieys serai o fals o fis,

o drechuriers o ples d'enjan,

o totz vilas o totz cortes,

o trebalhos o de lezer.

 

Mas, cui que plass'o cui que pes,

elha·m pot, si·s vol, retener.

Cercamons ditz: “Greu er cortes

hom qui d'amor se desesper”.

                       

Cercamon

 


 

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L'amore ci fa grassi, l'amore ci fa magri:

inganna uno, fa felice l’altro,

fa che uno pianga, all’altro rende gioia,

ricco o mendico è lui che lo decide.

 


 

C’amors engraiss’e magrezis

l’un ab trichar, l’autr’ab plazers

e l’un ab plor e l’autr’ab ris;

lo cals qe·s vol  n’es manens o mendics.

 

Peire d’Alvernha

 

Dalla canzone Dejosta .ls breus jorns e.ls loncs sers



 

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Il cigno canta quando vuol morire,

così anch’io voglio morir cantando

perché la morte venga più gentile

e con meno dolore.

 

E’ vero che l’amore mi ha legato

e io ho sopportato le sue pene,

ma capisco di aver male amato

perché danno mi viene.

 

Dunque che fare ora che amando

sto per morire? Come comportarmi

ora che vedo i sospiri tornare

senza portare gioia.

 

Perché mai l’amo tanto, mio Signore?

Forse perché non trovo mai il coraggio

di dirle quel che voglio? Se le chiedo

pietà lei non mi guarda.

 

Chi supplica può dare un gran fastidio,

perciò la pregherò senza parole,

con il mio sguardo, e forse capirà

l’intreccio del mio cuore.

 


 

Atressi co·l signes fai

quant vol morir, chan,

quar sai que genseis morrai

et ab mens d'afan.

Ben m'a amors tengut el latz

e mainz trebaills n'ai sofertatz,

mas pel dan c'aora m'en ve

conosc qu'ancmais non amei be.

 

 E doncs qual conseill penrai

s'aissi muer aman?

Qu'ieu joi non aten de lai

on miei sospir van! (…)

 

Dieus, per que l'am tan?

Que ja non li ausarai

dire mon talan. (…)

Car, s'ieu li clamava merce,

tem que puois se guardes de me.

 

Preiars, lai on non s'eschai,

torn'en enuey gran.

Ses parlar la preiarai.

e com? Ab semblan,

et ill conosca o si·l platz.

 

Peirol

 

Dalla canzone Atressi co .l signes fai

OPERAMONDOlibri LATORRE-EDITORE

 

 

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Se penso a quella stanza in cui nessuno

entra che non le sia fratello o zio,

non c’è membro di me che non mi tremi,

come il bambino davanti al bastone,

tanta è la paura di quell’arma.

 


 

Can mi sove de la chambra 

on al meu dan sai que neüz non entra, 

c’am si son tuit plus que fraire ni oncle,

non ai membre no·m fremisca, neis l'ongla, 

plus que o fai l'enfas denan la verja: 

tal paor ai iu sia trop d’es'arma.

 

Arnaut Daniel

 

Dalla canzone Lo ferm voler qu’el cor m’intra



 

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Il becco non potrà scalfire il fermo

volere che ho nel cuore, la menzogna

con l’unghia non potrà graffiare, anche

se s’arma per dire male.

 


 

Lo ferm voler qu’el cor m’intra 

no·m pot ges becs escoissendre ni ongla 

de lauzengier qui pert per mal dir s’arma.

 

Arnaut Daniel

 

Dalla canzone Lo ferm voler qu’el cor m’intra



 

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Il ramo fiorito

di fogliette ora sbocciate

che il peso degli uccelli fa ondeggiare

non è più fresco e profumato. Senza

di lei non voglio Roma

né Gerusalemme.

 


 

Ges rams floritz

de floretas envoutas

cui fan tremblar auzelho ab lor becx

non es plus frescs, per qu’ieu no vuelh Roam

aver ses lieis ni tot Iheruzalem.

 

Arnaut Daniel

 

Dalla canzone Dos braiz e criz



 

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L'amore che m'invade mi sovverte

talmente che per aspra collina

io scambio la pianura, vedo fiori

 

nella brina che avvinghia e spacca i rami,

mi cuoce il crudo gelo e il tuono forte

tintinna in me come corda di liuto.

 


 

Quar enaissi o enverse

que·l bel plan mi semblon tertre,

e tenc per flor lo conglapi,

e·l cautz m’es vis que·l freit trenque,

e·l tro mi son chant e siscle,

e paro·m fulhat li giscle.

 

Raimbaut d’Aurenga

 

Dalla canzone Er resplan la flors enversa



 

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Se avessi mille marchi di buon oro,

di quello rosso, e mille anche d’argento,

di quello fino, e possedessi biada

in abbondanza e buoi e buon frumento,

giovenche, pecore, montoni e cento

lire da spendere ogni giorno e un solido

castello in cui difendermi, imprendibile,

e avessi un porto al fiume e uno al mare.

 

Se fossi saggio come Salomone,

se fossi, come lui, pieno di senno,

se non sbagliassi mai a dire e fare,

sempre leale in tutte le occasioni,

prodigo, largo e fermo di parola,

pronto a porre rimedio e a riparare,

in modo che nessuno si potesse

lagnar di me, giullare o cavaliere.

 

Se avessi una bellissima e gentile

e leggiadra e gaia donna e ogni giorno

avessi cento cavalieri al seguito,

armati tutti come intendo io,

per andare con loro in ogni dove.

Se nel comprare e vendere, nessuno

potesse sovrastarmi per ricchezza,

se avessi tutto quello che mi piace.

 

E’ proprio fastidioso andar cercando

per tutto l’anno una piccola entrata,

misera tanto da provar vergogna.

Vorrei starmene invece in casa mia,

tranquillo e generoso, accogliendo

uomini valorosi senza chiedere

niente a nessuno. Sì, farei così,

ma se non posso non è colpa mia.

 

Vi do il cuore e il castello, mia signora,

e tutto quel che ho, perché valete.

Se avessi altro, altro vi darei;

se fosse mio, il mondo vi darei.

Posso vantarmi in ogni corte, è chiaro,

del vostro amore, di voi, la più nobile.

Voi, la migliore che il buon Dio ha creato,

possedete ogni cosa bella e degna.

 


 

Ar agues eu mil marcs de fin argen

et atrestan de bon aur e de ros,

et agues pro civada e formen,

bos e vacas e fedas e moutos,

e cascun jorn cen liuras per despendre,

e fort chastel en que·m pogues defendre

tal que nuls hom no m’en pogues forsar,

et agues port d’aiga dousa e de mar.

 

Et eu agues atrestan de bon sen

et de mesura com ac Salamos,

e no·m pogues far ni dir faillimen,

e·m trobes hom leial totas sasos,

larc e meten, prometen ab atendre,

gent acesmat d’esmendar e de rendre,

et que de mi no·s poguesson blasmar

e ma colpa cavallier ni joglar.

 

Et eu agues bella domna plazen,

coinda e gaia ab avinens faissos,

e chascun jorn cen cavallier valen

que·m seguisson on qu’eu anes ni fos,

ben arnescat, si cum eu sai entendre;

e trobes hom a comprar et a vendre,

e grans avers no me pogues sobrar

ni res faillir qu’om saubes a triar.

 

Car enueis es, qui tot an vai queren

menutz percatz, paubres ni vergoinos,

per qu’eu volgra estar suau e gen

dinz mon ostal et acuillir los pros

et albergar cui que volgues deissendre,

e volgra lor donar senes car vendre.

Aissi fera eu, si pogues, mon afar,

e car non pois, no m’en deu hom blasmar. 

 

 Domna, mon cor e mon chastel vos ren

e tot quant ai, car es bella e pros;

e s’agues mais de que·us fezes presen,

de tot lo mon o fera, si mieus fos,

qu’en totas cortz pois gabar, ses contender,

que’il genser etz en qu’eu pogues entendre.

Aissi·us fes Dieus avinent e ses par

que res no·us faill que·us deia ben estar.

 

Pistoleta

 

 

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E' già arrivata la brutta stagione,

sulla strada fangosa, sulla neve

saltellano uccellini ammutoliti.

 

I rami delle siepi sono secchi,

non hanno foglia o fiore e l'usignolo

non canta più come faceva a  maggio.

 


 

Ar em al freg temps vengut,

e·l gels e·l neus e la faingna,

e·l aucellet estan mut,

c'us de chanter non s'afraingna;

e son sec li ram pels plais,

que flors ni foilla no·i nais,

ni rossignols non i crida,

que la en mai me reissida.

 

Azalais de Porcairagues

 

Dalla canzone Ar em al freg temps vengut



 

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Ho perduto chi aveva la mia vita:

ora smarrita resterò per sempre.

 


 

Celui perdiei c’a ma vida,

e·n serai toz iorz marrida!

 

Azalais de Porcairagues

 

Dalla canzone Ar em al freg temps vengut



 

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Onde del mare che correte, alte,

sollevate dal vento contro il cielo,

portatemi notizie del mio amico,

che un giorno vi percorse e ora non torna.

 

Oh Dio, che amore

ora mi dà delizia ora dolore.

 

Vento del mare che passasti dove

respira ora nel sonno il corpo amato,

portami un soffio del suo dolce fiato:

apro le labbra, il desiderio è grande.

 

Oh Dio, che amore

ora mi dà delizia ora dolore.

 

Amare da lontano un cavaliere

fa male perché il riso in pianto muta,

ma so che mai mi tradirà perché

l’amore che ha voluto gli ho donato.

 

Oh Dio, che amore

ora mi dà delizia ora dolore.

 


 

Altas undas que venez suz la mar,

que fay lo vent çay e lay demenar,

de mun amic sabez novas comtar,

qui lay passet? No lo vei retornar!

 

Et oy Deu, d’amor!

Ad hora·m dona joi et ad hora dolor!

 

Oy, aura dulza, qui vens dever lai

un mun amic dorm e sejorn’e jai,

dels dolz aleyn un beure m’aporta·y!

La bocha obre, per gran desir qu’en ai.

 

Et oy Deu, d’amor!

Ad hora·m dona joi et ad hora dolor!

 

Mal amar fai vassal d’estran pais,

car en plor tornan e sos jocs e sos ris.

Ja nun cudey mun amic me trays,

qu’eu li doney ço que d’amor me quis.

 

Et oy Deu, d’amor!

Ad hora·m dona joi et ad hora dolor!

 

Raimbaut de Vaquieras



 

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Per troppo peso l'albero sovraccarico

schianta il suo ramo e perde i frutti e sé.

Per troppo amore io la mia donna

ho perso e insieme tutta la ragione.

 


 

Si cum l'arbres que, per sobrecargar,

frang se meteys e pert son frug e se,

ai perduda ma belha dona e me

e mon entier sen frag, per sobramar.

 

Aimeric de Peguilhan

 

Dalla canzone Si cum l’arbres que, per sobrecargar



 

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"Dio Glorioso, tu che porti la luce,

Signore Mio Potente, per favore,

corri ora in aiuto al mio compagno

che aspetto dall'inizio della notte;

            e presto sarà l'alba.

 

Amico mio, dormite o siete sveglio?

Ora alzatevi, presto per favore!

La stella d'oriente che il chiarore

preannuncia è  apparsa; ho visto chiaramente;

            e presto sarà l'alba.

 

Amico mio, cantando io v'imploro:

non dormite ora più, sento gli uccelli

che cercano il mattino dentro il bosco;

e il geloso temo che ritorni;

            e presto sarà l'alba.

 

Amico mio, venite alla finestra

e guardate le stelle su nel cielo,

così saprete se vi dico il vero;

a non farlo voi fate il vostro danno;

            e presto sarà l'alba.

Amico mio, è da quando voi entraste

che non dormo e al freddo sto in ginocchio

a pregare Dio, il figlio di Maria,

che vi renda alla mia compagnia;

            e presto sarà l'alba.

 

Amico mio, qui, sopra i gradini,

mi pregaste di non addormentarmi,

di stare sveglio tutta notte; il canto

non ascoltate adesso dell’amico?

            e presto sarà l'alba.

 

"Dolce compagno, è tale la delizia

che non vorrei che venisse mai l’alba!

Io stringo la più bella che mai nacque

da madre e non do nessun valore

            al geloso né all’alba."

 


 

Reis glorios, verais lums e clartatz,

Deus poderos, Senher, si a vos platz,

al meu companh siatz fizels aiuda;

qu’eu no lo vi pos la nochs fo venguda,

et ades sera l’alba!

 

Bel companho, si dormetz o velhatz,

no dormatz plus, suau vos ressidatz;

qu’en orien vei l’estela creguda

c’amena·l jorn, qu’eu l’ai be coneguda,

et ades sera l’alba!

 

Bel companho, en chantan vos apel;

no dormatz plus, qu’eu auch cantar l’auzel

que vai queren lo jorn per lo boschatge,

et ai paor que∙l gilos vos assatge,

et ades sera l’alba!

 

Bel companho, issetz al fenestrel

e regardatz las estelas del cel:

conoisseretz si·us sui fizels messatge;

si non o faitz, vostres n’er lo damnatge,

et ades sera l’alba!

 

Bel companho, pos me parti de vos,

eu no·m dormi ni·m moc de genolhos,

ans preiei Deu, lo filh Santa Maria,

que·us me rendes per leial companhia,

et ades sera l’alba!

 

Bel companho, la foras als peiros

me preiavatz qu’eu no fos dormilhos,

enans velhes tota noch tro al dia;

era no·us platz mos chans ni ma paria

et ades sera l’alba!

 

  Bel dous companh, tan sui en ric sojorn,

qu’eu no volgra mais fos alba ni jorn,

car la gensor que anc nasques de maire

tenc et abras, per qu’eu non prezi gaire

lo fol gilos ni l’alba.

 

Giraut de Bornelh



 

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Adesso godo pensando all’amore

che tiene saldo il cuore nella fede;

perché l’altrieri in un giardino pieno

d’ogni fiore gentile sono entrato

al canto degli uccelli, quando apparve

come giglio bianchissimo la bella.

Prese i miei occhi e fiaccò le mie forze

tanto che ora non ho senno né

memoria che per lei a cui appartengo.

 


 

Er ai gran joi que·m remembra l’amor

que·m te mo cor salf en sa fezeltat;

que l'altr' er vinc en un verger, de flor

tot gen cobert ab chan d'auzels mesclat,

e can estav' en aquels bels jardis,

lai m'aparec la bela flors de lis

e pres mos olhs e sazic no coratge

si quez anc pois remembransa ni sen

non aic mas can de leis en cui m’enten.

 

Giraut de Bornelh

 

Dalla canzone Er ai gran joi que .m remembra l’amor



 

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Il piccolo usignolo delle selve

canta d'amore cinguettando: io

muoio d'invidia perché chi desidero

e ardo di vedere ora non vuole

vedermi più e ascoltare la mia voce.

 

Il dolce canto un poco mi rincuora

e torno nuovamente a poetare

come ormai non pensavo più di fare.

Ma niente che io veda mi dà gioia

perciò guardo negli occhi la follia.

 

Pur piangendo la mia pena, il mio cuore

s’inchina supplicando alla padrona.

Ed è giusto così perché col viso

velato 'A Dio vi raccomando' disse

quando in sospiri e lacrime andò via.

 


 

Lo rossinholet salvatge  / ai auzit, que s'esbaudeia,

per amor en son lengatge, / e·m fai si morir d'enveia,

car leis cui desir  / non vei ni remir

e no·m volgr' ogan auzir. / Pero pel dous chan

qu’el e sa par fan, / esfortz un pauc mon coratge,

e·m vau conortan / mon cor en chantan,

so qu’eu no cuidiei far ogan.

 

Empero nul alegratge / no.m don’al cor res qu’eu veia,

per qu’eu conosc mon folatge.

(…)

 

E sitot planh mon damnatge, / mos cors aclin’e sopleia

vas leis que a senhoratge / en mi, e tanh qu’esser deia,

qu’anc no·m poc plus dir, / quan venc al partir,

mas sa cara·lh, vi cobrir, / e·m dis sospiran:

“A Deu vos coman!”.

 

Gaucelm Faidit

 

Dalla canzone Lo rossinholet salvatge



 

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Ora che sono di nuovo in Provenza

e alla mia donna piace il mio ritorno,

devo proprio comporre una canzone

piena di gioia e di riconoscenza.

Chi serve bene e onora, dal padrone

ottiene doni, grazie e benefici.

È ora quindi che mi impegni a fondo.

 

Chi si lamenta di una lunga attesa

commette un grave errore. Ora i Bretoni

hanno per re Artù, in cui fidarono.

Nella speranza io ho aspettato a lungo

e ho conquistato tutta la dolcezza

di quei baci che un tempo le rubavo

e che adesso mi dona per sua grazia.

 

Non ho commesso errori, una dolcissima

speranza mi conforta: inizia il tempo

che vedrà in gioia mutarsi la pena.

Confortatevi amanti che vedete

me con perseveranza tirar fuori

dal freddo della neve il fuoco chiaro,

dal salato del mare acqua da bere.

Fui penitente senza aver peccato,

ho chiesto scusa senza aver offeso,

un dono ho ricavato da un bel niente,

dallo sdegno i sorrisi, dalle lacrime

una gioia pienissima, dolcezza

d’amore ho assaporato, la paura

mi ha fatto coraggioso e la sconfitta

 

in vincita è mutata. La padrona,

sapendomi sconfitto, a me s’arrende

e vinta si concede a me che vinto

divento il suo padrone. La superbia

si muta in umiltà. Ora nessuno

posso trovare che per me interceda,

io solo devo chiedere e pregare.

 

Visto che tutto a lei io mi consegno

e che in guadagno e in perdita son suo

non potrà dirmi no. Io solo chiedo

il suo soccorso, pazzo è chiunque dica

di rivolgermi altrove, preferisco

patire una disfatta di sua mano

che conquistare da un’altra la gioia.

Bella Rainier, non sono al pari vostro,

nessun barone vale come voi.

Il Signore vi fece senza uguali

e scelse me come vostro scudiero.

Per questo io vi servo e vi elogio

quanto più posso, se voi lo volete,

Bella Rainier, perché perfetta siete.

 


 

Pus tornatz sui em Provenza

et a ma dona sap bo,

ben dei far gaia chanso,

sivals per reconoissensa:

qu'ap servir et ab honrar

conquier hom de bon senhor

don e benfag et honor,

qui be.l sap tener en car!

per qu'ieu m'en dei esforsar.

 

E sel que long'atendensa

blasma, fai gran falhizo!

qu'er an Artus li Breto

on avion lur plevensa.

et ieu per lonc esperar

ai conquist ab gran doussor

lo bais que forsa d'amor

me fetz a ma domn'emblar,

qu'eras lo.m denh'autreiar.

 

E quar anc non fis failhensa,

sui en bona sospeisso

que.l maltragz me torn en pro,

pus lo bes tan gen comensa.

E poiran s'en conortar

e mi tug l'autr'amador,

qu'ab sobresforciu labor

trac de neu freida fuec clar

et aigua doussa de mar.

 

Ses pechat pris penedensa

e ses tort fait quis perdo,

e trais de nien gen do

et ai d'ira benvolensa

e gaug entier de plorar

e d'amar doussa sabor,

e sui arditz per paor

e sai perden gazanhar

e, quan sui vencutz, sobrar.

 

Estiers non agra guirensa,

mas quar sap que vencutz so,

sec ma domn'aital razo

que vol que vencutz la vensa!

qu'aissi deu apoderar

franc'humilitatz ricor,

e quar no trop valedor,

qu'ab lieis me posc'aiudar,

mais precs e merce clamar.

 

E pos en sa mantenensa

aissi del tot m'abando,

ja no.m deu dire de no!

Que ses tota retenensa

sui sieus per vendr'e per dar.

E totz hom fai gran folor

qui di qu'ieu me vir alhor!

Mais am ab lieis mescabar

qu'ab autra joi conquistar.

 

 Bel Rainier, per ma crezensa,

no.us sai par ni companho,

quar tug li valen baro

valon sotz vostra valensa.

e pos Dieus vos fetz ses par

e.us det mi per servidor,

servirai vos de lauzor

e d'als, quant o poirai far,

bel Rainier qui.us etz, si.us par.

 

Peire Vidal



 

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Mi dà molto fastidio, devo dirlo,

un servo malalingua e traditore,

anche mi dà fastidio un assassino,

come un cavallo quando tira troppo.

Dio mi protegga da quei giovinastri

che portano lo scudo e non combattono,

dai monaci barbuti e poi da quelli

che sparlano con becchi come lame.

 

Mi dà molto fastidio quella donna

che se la tira senza avere un soldo,

e quel marito stupido d’amore,

fosse sua moglie anche una contessa.

Mi dà molto fastidio il cavaliere

che all’estero si vanta senza posa

e quando è a casa sua li passa, i giorni,

a pestar pepe presso il focolare.

 

Mi dà molto fastidio, fastidissimo,

un vigliacco che sventoli bandiere,

un falco che a caccia abbia paura,

una grande zuppiera semivuota.

Il vino troppo lungo, tutto acqua,

per san Martino, non lo voglio bere

e non voglio incontrare di mattina

un cieco o uno storpio che cammina.

 

Mi dà molto fastidio l’astinenza,

la carne troppo dura o cotta male,

il prete che promette e non mantiene,

la vecchia troia che non va in pensione.

Un uomo fortunato ma vigliacco

mi dà un fastidio enorme, poffarbacco,

e correre sul ghiaccio col cavallo

e perdere ai dadi bestemmiando.

 

Mi dà molto fastidio, santo Iddio,

mangiare senza fuoco quando è inverno,

fare la guardia al freddo ed annusare

profumo di taverna. Se una lava

le pentole, non deve amoreggiare,

e il marito cafone non dovrebbe

godersi bella moglie. Chi di doni

non mi ricopre mi dà un gran fastidio.

 

Mi dà un gran fastidio, per san Giuda,

cattivo suonatore in bella festa,

troppi fratelli sopra poca terra,

un usuraio tirchio e guastafeste.

Mi dà fastidio, per santo Marcello,

chi porta due pellicce sul mantello,

e chi non se la gode essendo ricco

m’infastidisce come freccia e punta.

 

Troppi padroni e un castello solo,

tavola lunga con tovaglia corta,

chi taglia con le mani puzzolenti,

portare una corazza troppo greve,

stare al porto se piove e tira vento,

questo mi dà fastidio, e anche le liti

tra vecchi amici e discutere troppo

quando si sa benissimo chi vince.

 

Ma vi dirò cosa m’urta di più:

puttana vecchia che ne prende tanti,

giovane povera che non ne prende.

Il ragazzino vanesio gambe-dritte,

per sant’Abbondio, mi dà un gran fastidio.

La donna grassa con la fica magra

mi dà fastidio, e chi non sa scopare.

Avere sonno e non poter dormire

 

è la cosa peggiore in questo mondo.

Con la pioggia montare senza cappa

su un cavallo affamato dalla troia

che gli ha svuotato la sua mangiatoia

e con la sella che traballa tutta

come una fibbia senza l’ardiglione

e in casa propria ogni gran coglione

che dica male e faccia ancora peggio.

 


 

Fort m’enoia, s'o auzes dire,

parliers quant es avols servire;

et hom qui trop vol aut assire

m'enoia, e cavals que tire.

Et enoia·m, si Dieus m'aiut

joves hom quan trop port' escut,

que negun colp no.i a agut,

capela et monge barbut,

e lauzengier bec esmolut.

 

E tenc dona per enoiosa,

quant es paubra et orgoillosa,

e marit qu'ama trop sa sposa,

neus s'era domna de Tolosa;

et enoia'm de cavallier

fors de son pais ufanier,

quant en lo sieu non a mestier

mas sol de pizar el mortier

pebre o d'estar al foguier.

 

Et enueia'm de fort maneira

hom volpilz que porta baneira,

et avols austors en ribeira,

e pauca carns en gran caudeira;

et enoia'm, per Saint Marti,

trop d'aiga en petit de vi;

e quan trob escassier mati

m'enoia, e d'orp atressi,

car no m'azaut de lor cami.

 

Enoia'm longa tempradura,

e carns quant es mal coita e dura,

e prestre qui men ni's periura,

e vielha puta que trop dura;

et enoia'm, per Saint Dalmatz,

avols hom en trop gran solatz,

e corre quan per via a glatz;

e fugir ab cavalh armatz

m'enoia, e maldir de datz.

 

Et enoia'm, per vita eterna,

maniar ses foc, quan fort iverna,

e iaser ab veill'a galerna,

quan m'en ven flairors de taverna;

et enoia'm e m'es trop fer,

quan seih que lav'olla enquer;

et enueia'm de marit fer,

quan eu li vey belha molher,

e qui no'm dona ni'm profer.

 

Et enueia'm, per Saint Salvaire,

en bona cort avols violaire,

et a pauca terra trop fraire,

et a bon ioc paubres prestaire;

so et enoia'm, per Saint Marsel,

doas penas en un mantel,

e trop parier en un castel,

e rics hom ab pauc de revel,

et en tornei dart e quairel.

 

Et enueia'm, si Dieus mi vailla,

longa taula ab breu toailla,

et hom qu'ap mas rohhozas tailla,

et ausbercs pesanz d'avol mailla ;

et enoia'm estar a port,

quan trop fa greu temps e plou fort;

e entre amics dezacort

m'enueia, e'm fai piegz de mort,

quan say que tenson a lor tort.

 

E dirai vos que fort me tira:

veilla gazals quan trops atira

e paubra soudadeir'aira,

e donzels qui sas cambas mira;

et enoia'm, per Saint Aon,

dompna grassa ab magre con,

e senhoratz que trop mal ton;

qui no pot dormir, quant a son, 

maior enoi non sai el mon.

 

Ancar i a mais que m'enoia

cavalcar ses capa, de ploia,

e quan trob ab mon caval troia

qui sa maniadoira li voia;

«et enoia'm e no'm sab bo

de sella quan croll'a l'arco,

e fivella ses ardaillo,

e malvaitz hom dinz sa maiso

que no fa ni ditz si mal no.

 

Monge de Montaudon

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- Voi  mi amate di cuore, lo so,

ma vi vorrei un po’ meno indeciso.

Il tormento d’amore che vi brucia

brucia anche me, ugualmente infelice.

Starvene lì stupito vi danneggia

perché vi toglie il coraggio di chiedere.

E il danno vostro è anche danno mio

perché la donna non può rivelare

quello che vuole, teme di sbagliare.

 

- Bella signora, io sono intimorito

perché siete di me tanto più nobile.

Soltanto questo mi rende impossibile

parlare apertamente e supplicarvi.

Preferisco servire e stare zitto;

penso così di non recarvi oltraggio.

Parlino al posto mio le mie azioni

e voi gradite più che le preghiere

il vassallaggio pieno di me stesso.

 


 

Vos que.m semblatz dels corals amadors,

ja non volgra que fossetz tan doptanz;

e platz me molt quar vos destreing m'amors,

qu'atressi sui eu per vos malananz.

Ez avetz dan en vostre vulpillatge

quar no·us ausatz de preiar enardir,

e faitz a vos ez a mi gran dampnatge;

que ges dompna no ausa descobrir

tot so qu'il vol per paor de faillir.

 

- Bona dompna, vostr’onrada valors

mi fai temeros estar, tan es granz,

e no·m o tol negun'autra paors

qu'eu non vos prec; que.us volria enanz

tan gen servir que non fezes oltratge

- qu'aissi.m sai eu de preiar enardir -,

e volria que·l faich fosson messatge,

e presessetz en loc de precs servir:

qu'us honratz faitz deu be valer un dir.

 

Garsenda e Gui de Cavalhon



 

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Nel vostro nome, Dio, e in quello di Maria

mi sveglierò. La stella che da Gerusalemme

annuncia il nuovo giorno, m’insegna le parole:

 

Alzatevi, su, presto,

voi che amate il Signore.

Ecco il giorno che arriva,

la notte sta finendo.

Cantiamo lodi a Dio,

sia sempre venerato.

Preghiamo che ci dia

una vita di pace.

 

La notte se ne va e il giorno arriva.

Il cielo adesso è chiaro ed è sereno.

L’alba esitante ormai è tutta luce.

 

Signore, che la Vergine Maria ha partorito

per guarirci da morte e ridarci la vita,

per schiacciare l’inferno abitato dai diavoli,

 

te, messo sulla croce,

di spine incoronato,

di fiele abbeverato,

implora questo popolo,

sincero ed onorato:

la tua pietà, Signore,

perdoni ogni peccato.

 

La notte se ne va e il giorno arriva.

Il cielo adesso è chiaro ed è sereno.

L’alba esitante ormai è tutta luce.

Chi Dio non sa pregare, impari ora ascoltando

quello che sto per dire con le orecchie e col cuore:

Dio che hai generato tutte quante le cose,

 

ti rendo lode e grazie

dell’onore e del bene

di cui mi hai fatto dono.

Io ti prego, Signore

si essere pietoso,

non fare che il demonio

colpisca all’improvviso

portandomi in errore.

 

La notte se ne va e il giorno arriva.

Il cielo adesso è chiaro ed è sereno.

L’alba esitante ormai è tutta luce.

 

Donami, Dio, sapere e fa che i santissimi

comandamenti tuoi io li capisca in pieno,

e che la tua pietà mi guarisca e difenda

 

dal mio tempo terreno,

fa che non mi trascini

con sé perché ti adoro.

Signore, io ti dono

tutto me, la mia fede

così come  tu vuoi

e per questo ti chiedo:

perdona le mie colpe.

 

La notte se ne va e il giorno arriva.

Il cielo adesso è chiaro ed è sereno.

L’alba esitante ormai è tutta luce.

Quel Dio fatto di gloria, che consegnò il suo corpo

per salvare noi tutti, prego perché ci illumini

col suo Spirito Santo e ci salvi dal male,

 

così che noi possiamo

con il suo aiuto altissimo,

essere tra gli eletti,

stare nella sua casa.

 

La notte se ne va e il giorno arriva.

Il cielo adesso è chiaro ed è sereno.

L’alba esitante ormai è tutta luce

 


 

Senher Dieus que nasques de la Verge Maria 

per nos guerir de mort e per restaurar via,

e per destruir’enfern que·l diables tenia

 

e fos en crotz levatz

d’espinas coronatz

e de fel abeuratz,

Senher, merce vos cria

aquest pobles onratz:

que·lh vostra pietatz

lor perdon lor peccatz

 

La nuech vai e·l jorns ve

ab clar cel e sere,

e l’alba no·s rete

ans ven bel’e complia.

 

Vers Dieus, e·l vostre nom e de sancta Maria

m’esvelharai hueimais, pus l’estela del dia

ven daus Jerusalem que m’ensenha qu’ieu dia:

 

estatz sua e levatz,

senhor, que Dieu amatz!

que·l jorns es aprosmatz

e la nuech ten sa via;

e sia·n Dieus lauzatz

per nos et adoratz,

e·l preguem que·ns don patz

a tota nostra via.

 

La nuech vai e·l jorns ve

ab clar cel e sere,

e l’alba no·s rete

ans ven belh’e complia.

 

Qui no sap Dieu pregar obs es que o aprenda

et auja qu’ieu dirai et escout et entenda:

Dieus, que comensamens es de fota fazenda,

 

laus vos ren e merce

de l’honor e del be

que m’avetz fach ancse;

e prec, Senher, que·us prenda

grans pietatz de me

que no·m truep ni·m malme

ni m’engane de re

diables ni·m surprenda.

 

La nuech vai e·l jorns ve

ab clar cel e sere

e l’alba no·s rete

ans von bel’e complia.

 

Dieus, donatz mi saber e sen ab qu’ieu aprenda

vostres sanhs mandamens e·l auja e·l entenda,

e·l vostra pietatz que·m gueris que·m defenda

 

d’aquest segle terre

que no·m trabuc ab se;

.quar ie·us ador e·us cre,

Senher, e·us fauc ufrenda

La de me e de ma fe,

qu’aissi·s tanh e·s cove;

per so vos crit merce

e de mos tortz esmenda.

 

La nuech vai e·l jorna ve

ab clar cel e sere

e l’alba no·s rete

 ans von bel’e complia.

 

Aquel glorios Dieus que son cors det a venda 

per totz nos a salvar prec qu’entre nos estenda

lo sieu Sant Esperit que de mal nos defenda

 

e d’aitan nos estre

josta los sieus nos me

lai sus, on si capte

e·ns meta dins sa tenda.

 

La nuech vai e·l jorns ve

ab clar cel e sere

e l’alba no·s rete

ans ven bel’e complia.

 

Falquet de Romans
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Ora che niente v'importa, signora,

di me, e che diviso

mi tenete da voi senza ragione,

io non so proprio in che luogo cercare

la mia gioia perduta.

Lo so, non riuscirò a trovare donna

che possa starvi a pari ed è per questo

che non voglio più amare.

 

Visto che so che in nessun luogo mai

ne trovo una uguale,

così nobile e bella, così ricca

nel cuore, così lieta ed elegante,

mi tocca mendicare

un dettaglio piacevole  da ognuna

per farne una che vi rassomigli

finché non tornerete.

 

Prendo da voi, signora Cembelìs,

il colorito fresco

insieme agli amorosi occhi soavi.

Faccio, lo so, una grave sgarbatezza

se lascio tutto il resto,

perché niente vi manca che sia bello.

A voi, donna Aleìs, chiedo il parlare

brillante e spiritoso.

 

E alla viscontessa di Chalés

chiedo le mani in dono

e il bianco collo. Anhés darà i capelli,

che sono così belli che neppure

l’Isotta di Tristano,

che per essi fu tanto celebrata,

li ebbe uguali. Mi odia tanto Audiart,

ma voglio i suoi vestiti.

 

A te che sei il Mio Bene voglio chiedere

il tuo bel corpo giovane,

così ben fatto e pieno che nessuno

di chi ti vede riesce a non pensare

d’averti a letto nuda.

 

Di madonna Faidita i denti belli

e la sua cortesia e di te, Specchio,

l’altezza e il tuo sorriso.

Ma, donna mia, a voi non chiedo altro

che siate ancora mia.

Preferisco assai più desiderare

invano il vostro amore che tenere

un’altra tra le braccia.

Non rifiutate più, madonna mia,

l’amore che vi offro e che sapete

che è sempre stato vostro.

 


 

Domna, puois de me no·us chal

e partit m'avetz de vos

senes totas ochaisos,

no sai on m'enquieira;

que ja mais

non er per me tan rics jais

cobratz; e, si de'l semblan

no trop domna a mon talan

que valha vos qu'ai perduda,

ja mais no vuolh aver druda.

 

Puois no·us puosc trobar engal,

que fos tan bela ni pros,

ni sos rics cors tan joios,

de tan bela tieira

ni tan gais

ni sos rics pretz tan verais:

irai per tot achiaptan

de chascuna un bel semblan

per far domna soisseubuda, 

tro vos mi siatz renduda

 

Frescha color natural

pren, bels Cembelis, de vos

e'l doutz esgart amoros

e fatz gran sobrieira

quar rei lais,

qu'anc res de be no.us sofrais;

que·m do a mi dons ajuda,

puois non er fada ni muda.

Midons  N’Aelis deman  

son adrech parlar gaban,

 

 De Chales la vescomtal

vuolh que.m done ad estros

la gola e·ls mas amdos;

puois tenh ma charrieira,

no·m biais, 

ves Rochachoart m'eslais

a'ls pels N'Anhes que·m daran;

qu' Iseutz, la domna Tristan,

qu'en fo per totz mentauguda,

no'ls ac tan bels a saubuda. (…)

 

A mo Mielbs-de-be deman

son adrech, nuou cors prezan,

de que par a la veguda,

la fassa bo tener nuda.

 

De Na Faidid' autretal

vuolh sas belas dens en dos,

l'acolbir e·l gen respos

(…)

Mos Bels Miralbs viiolh que.m lais

sa gaieza e son bei gran,

(…)

Bels Senher, ieu no·us quier al

mas que fos tan cobeitos

d’aquesta com sui de vos.

 

Bertran de Born
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Quando con la compagna l’usignolo

per tutto il giorno e tutta notte canta,

io sotto i fiori sto con la mia amica

finché chi fa la guardia dalla torre

non grida: “Amanti, presto, vedo  l’alba

che arriva e il giorno chiaro”.

 


 

Quan lo rossinhols escria

ab sa par la nueg e·l dia,

yeu suy ab ma bell’amia

jos la flor,

tro la gaita de la tor

escria: «Drutz, al levar!

Qu’ieu vey l’alba e·l jorn clar».

 

Anonimo



 

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Sono carina eppure ho tanta pena

per mio marito, perché non lo amo.

Voglio dirvi perché trabocco amore:

sono carina eppure ho tanta pena,

perché son bella, fresca e giovinetta,

sono carina eppure ho tanta pena,

dovrei essere lieta del mio sposo

e giocare con lui e divertirmi.

Sono carina eppure ho tanta pena,

per mio marito, perché non lo amo.

 

Che sia dannata se gli voglio bene,

sono carina eppure ho tanta pena,

non l’amo proprio e non voglio amarlo;

sono carina eppure ho tanta pena,

anzi, quando lo vedo mi vergogno

al punto che desidero che muoia.

Sono carina eppure ho tanta pena,

per mio marito, perché non lo amo.

 

Ma sono ben decisa su una cosa:

sono carina eppure ho tanta pena,

se è saldo nell’amore il mio amico,

sono carina eppure ho tanta pena,

ecco una speranza a cui mi dono,

perché quando non c’è piango e sospiro.

Sono carina eppure ho tanta pena,

per mio marito, perché non lo amo.

Ora vi dico quello che ho deciso:

sono carina eppure ho tanta pena,

poiché l’amico mio da molto m’ama,

sono carina eppure ho tanta pena,

io voglio abbandonarmi all’amor suo:

questo io spero e voglio fortemente.

Sono carina eppure ho tanta pena,

per mio marito, perché non lo amo.

 

Questa bella canzone e la sua musica,

sono carina eppure ho tanta pena,

vorrei fosse ascoltata in ogni luogo

sono carina eppure ho tanta pena,

e che ogni donna cortese cantasse

del  mio amico che amo e voglio tanto.

Sono carina eppure ho tanta pena,

per mio marito, perché non lo amo.

 


 

Coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

per mon marit, qar ne·l voil ne·l desire;

Q'eu be·us dirai per qe son aisi drusa:

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

quar pauca son, iuveneta e tosa,

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

e degr'aver marit dunt fos joiosa,

ab cui toz temps pogues iogar e rire.

Coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

per mon marit, qar ne·l voil ne·l desire.

 

Ja Deus no·m sal, se ja·n sui amorosa;

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

de lui amar mia sui cobeitosa,

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

anz qant lo vei, ne son tant vergoignosa

q'eu prec la mort qe·l venga tost aucire.

Coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

per mon marit, qar ne·l voil ne·l desire.

 

Mais d'una ren m'en son ben acordada:

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

se.l meu amic m'a s'amor emendada,

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

ve.l bei esper a cui me son donada;

plaing e sospir, qar ne·l vei ne·l remire.

Coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

per mon marit, qar ne·l voil ne·l desire.


E dirai vos de qe·m sui acordada:

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

qe·l meu amic m'a longament amada,

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

ar li serai m'amor abandonada

e·l bei esper, q'eu tant am e desire.

Coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

per mon marit, qar ne·l voil ne·l desire.

 

En aqest son faz coindeta balada,

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

e prec a toz qe sia loing cantada

coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

e qe la chant tota domna ensegnada,

del meu amic q'eu tant am e desire.

Coindeta sui, si cum n'ai greu cossire

per mon marit, qar ne·l voil ne·l desire.

 

Anonimo

 

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Voce Nazzareno Luigi Todarello

 


 

 

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50 POESIE

DELL'ANTICA PROVENZA

 

 

LATORRE EDITORE 2020

 

 


 

 

Nazzareno Luigi Todarello

 

CORSO DI DIZIONE

(con espansione audio online)

 

 

LATORRE EDITORE 2020

 

 




 

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