OPERAMONDO

Dans vos viviers, dans vos étangs,
Carpes,
que vous vivez longtemps!
Est-ce que la mort vous oublie,
Poissons de la mélancolie.

 

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DIZIONE





 

FONETICA

 

2. I FONEMI

 

I fonemi sono l’unità minima della catena parlata, i suoi suoni singoli. Potremmo chiamarli gli atomi della lingua. Ogni lingua ha un suo insieme di fonemi, che variamente combinati permettono la comunicazione. Ci sono lingue molto semplici dal punto di vista fonologico, con meno di venti fonemi, e lingue molto ricche con più di cinquanta fonemi. Ogni lingua infatti, nella sua evoluzione, ha deciso quali suoni ritagliare nel continuum possibile delle sonorità del corpo umano e quei suoni formano il suo patrimonio fonetico.

La lingua italiana ha ventotto fonemi: sette vocali e ventuno consonanti. Per indicare questi suoni abbiamo però solo ventuno segni grafici, per cui alcuni segni indicano più suoni (le vocali e e o come vedremo) e, viceversa, alcuni suoni sono scritti con la combinazione di più segni grafici (gh, gn ecc.). I fonemi non portano ancora significato, ma sono gli elementi primi con cui si formano le sillabe e le parole. Se consideriamo la lingua come un corpo vivente, possiamo immaginare i fonemi come atomi, le sillabe come molecole, le parole come cellule.

 

2.1. Fonemi vocalici

 

Abbiamo detto che la colonna d’aria proveniente dai polmoni, nel superare la resistenza opposta dalle corde vocali, entra in vibrazione e risale vibrando verso la bocca. A questo punto noi possiamo lasciarla uscire liberamente, limitandoci ad intervenire sulla sua sonorità con l’uso di varie posizioni della nostra bocca. In questo modo produciamo le vocali. Le vocali si chiamano così appunto perché sono piene di voce. Infatti, per produrre le varie vocali, noi ci limitiamo a modificare la sonorità della colonna d’aria vibrante, ponendo ostacoli minimi alla sua libera uscita fuori di noi e non depotenziando in modo significativo la sua carica sonora.

Una bella voce è una voce che ha belle vocali. Le consonanti, come vedremo, hanno funzioni molto importanti, ma di ordine, possiamo dire, organizzativo-razionale, le vocali invece portano il calore della voce, sono esse che hanno tutto il potere evocativo ed emozionale del parlare umano. I suoni vocalici sanno di corpo, di affetto, di emozione. Come ha scritto mirabilmente nel suo libro di memorie il grande attore Giorgio Albertazzi: “Le vocali cantanti dicono le passioni”. Non si potrebbe dire meglio. Tutte le possibilità d'intonazione della catena parlata, le varie intenzioni trasportate dalla vibrazione della voce e ogni sfumatura del nostro sentimento hanno un solo veicolo per essere espresse e comunicate: il suono delle vocali. È con esso che la Champmeslé incantava Racine, che nel suono della sua voce, nella passione delle sue vocali trovava l’ispirazione per scrivere la tragedia musicalmente perfetta, Phèdre.

 

D’altronde tutto questo appare logico se si considera che, mentre le consonanti sono rumori, le vocali sono suoni.

Anche se ci sono realtà intermedie, che vedremo, possiamo dire che suoni e rumori sono due fenomeni molto diversi l’uno dall’altro. Entrambi sono fenomeni acustici, è vero, ma dal punto di vista della espressione linguistica, la differenza tra loro è rilevante, e importantissima.

 

2.2. Suoni e rumori

 

Ogni corpo vibrante genera un fenomeno acustico, cioè mette in moto l’aria che lo circonda. Sulla luna, non essendoci aria, non possono prodursi fenomeni acustici. Niente rumori e niente suoni sulla luna, tutto tace! Sulla terra, per fortuna, c’è l’aria. Quindi tutto ciò che si muove genera un rumore o un suono. Naturalmente perché il fenomeno si realizzi pienamente occorre che ci sia un suo punto di arrivo, un organo di ricezione, che trasformi il fenomeno vibrazione dell’aria in suono o in rumore. Questo organo è il nostro orecchio. Ma non è ancora sufficiente. Il nostro orecchio chiude il circuito materiale del fenomeno acustico, assorbe la vibrazione, generata dal corpo di provenienza e trasmessa dall’aria. La vibrazione del nostro orecchio è ancora un fatto puramente meccanico, una consonanza con un fenomeno ambientale. Quello che conta è ciò che avviene da ora in poi: il nostro cervello trasforma la vibrazione percepita nell’orecchio in suono o in rumore. Più precisamente: se la vibrazione dell’orecchio è regolare, cioè se l’onda acustica percepita ha una forma sinuosa e morbida, noi chiamiamo questa sensazione suono, se la vibrazione è irregolare, se cioè l’onda acustica percepita ha una forma spigolosa e accidentata, noi chiamiamo questa sensazione rumore. Attenzione quindi: suoni e rumori sono sentimenti, cioè risposte emozionali a sollecitazioni che provengono dall’ambiente. Un rumore ci avverte di un possibile pericolo (qualcosa crolla, cade o scoppia, qualcuno sta per colpirci…), perciò ne ricaviamo una sensazione spiacevole. Un suono ci rassicura e ci conforta, ci dice che non corriamo rischi, (ci si muove piano vicino, si parla, si canta…), possiamo stare tranquilli e addormentarci anche.

Se consideriamo attentamente le cose appena dette, capiamo in tutta la sua profondità la potenza emotiva del canto. Niente tocca l’anima più di una voce cantante. E la voce cantante canta sulle vocali, né potrebbe, è ormai chiaro, fare diversamente. Infatti i cantanti vocalizzano, cioè si esercitano a cantare le vocali.

 

C’è ancora qualcosa di notevole da sapere sulla natura delle vocali. Facciamo una prova. Suoniamo il tasto di un pianoforte e cantiamo su quella nota una a, poi, sempre sulla stessa nota del pianoforte, una i, poi tutte le vocali, che sono, ricordiamocelo, sette. Abbiamo sempre cantato la stessa nota, quella suonata con il pianoforte, eppure non c’era dubbio che si trattava di suoni diversi. C’è una bella differenza tra una a e una u o una i! Ma in che cosa consiste la differenza, visto che abbiamo cantato sempre lo stesso suono?

Il fatto è che ogni suono naturale non è composto da una sola vibrazione, ma da molte vibrazioni insieme. Ogni corpo vibrante infatti vibra in modo complesso, emettendo un’onda acustica fondamentale e una serie di onde secondarie. Tutto ciò che ri-suona cioè tutto ciò che entra in vibrazione, per simpatia, con il corpo vibrante generante, influisce sul volume di ogni singola vibrazione secondaria. È per questo che noi possiamo distinguere un La5 suonato da un pianoforte da un La5 suonato da una tromba o da un violino. La vibrazione fondamentale, quella che si chiama prima armonica, il La5 appunto, è uguale per tutti gli strumenti, ma è la differente forza con cui suonano le altre armoniche, cioè quelle che abbiamo chiamato vibrazioni secondarie, che fa la differenza. La tavola di legno del pianoforte aumenta l’ampiezza di alcune di esse, quel tubo di metallo con quella particolare forma che chiamiamo tromba aumenta l’ampiezza di altre armoniche, diverse da quelle amplificate dal pianoforte, e così via. È così che ogni strumento dà origine al suo particolare, inconfondibile suono.

 

La scatola di risonanza con la quale amplifichiamo le vibrazioni generate dalle corde vocali è la nostra bocca. Questa scatola di risonanza ha una forma variabile. Aprendo più o meno le mascelle, modificando la forma e il volume della bocca tramite la lingua, sporgendo o tirando le labbra, noi amplifichiamo certe armoniche più di altre, cambiamo cioè il colore del suono base. È come se di volta in volta, la nostra bocca si trasformasse in strumenti diversi. È abbastanza impressionante, vero? Eppure è proprio così che diciamo le vocali, che non sono altro che timbri, cioè variazioni cromatiche, dello stesso suono. Quando diciamo le vocali, senza modificare l’altezza della fondamentale, noi diamo al suono laringale il timbro a oppure il timbro u, i, ò, ó, è, è.

 

 


 






 

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